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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 10 - anno 9° - Gennaio-Agosto 2010

PAGINA 3

   "La banderuola di ferro sul campanile, si spezzerebbe al vento se...   
non comprendesse la nobile arte di volgersi ad ogni vento
"   

Heinrich Hein

 

Essere in sé

Essere dentro di sé, quando inseguo i pensieri vado fuori di me, quando seguo i pensieri negativi sto male.
E’ come perdere la strada, è come non sapere dove si è, sono sempre stata fuori di me, ho sempre vissuto così, ho vissuto male, no ho vissuto.
E’ come trovarsi catapultati in un luogo completamente sconosciuto, dove si gira a vuoto, dove si insegue qualunque cosa si muova per ritrovare la strada di casa, per orientarsi.
Si cerca sempre fuori l’orientamento, non si cerca mai dentro, e si sta tanto male perché si pensa sempre che l’orientamento ce lo possano dare le altre persone e ci si arrabbia quando gli altri non ci aiutano.
Ho passato la vita ad incolpare mia madre e altre persone.
Ho sempre chiesto, chiesto, chiesto e preteso: ma perché nessuno mi dava quello che volevo?
Non capivo il perché, pensavo che il mondo ce l’avesse con me. 
Non avevo mai visto quanto fossi fuori e quanto lo stare fuori facesse soffrire.
Più sono dentro di me più sto bene, la mia casa sono io, quando sto bene e sono con me potrei essere fisicamente ovunque ma sarei sempre a casa mia.
Quando penso sembra logico, ma quando sono in me, sento.

M. B.

 

 

Sento me felice

Non mi sembra vero di stare meglio, ho paura di ripiombare nell’ansia, so quanto sia facile andare giù e ricadere, basta un niente, basta che lui sia nei suoi pensieri ed io ripiombo nell’ansia, faccio molta fatica a non caderci. 
Il fatto di stare in sé aiuta a non cadere nel vortice del pensare.
Chissà perché si crede che se uno pensa è in sé, è il contrario, quando si è nei pensieri si è fuori, parlo dei pensieri brutti, quelli che ci fanno stare male. 
Se penso sono fuori, se sto male è perché sto guardando lui e non me. 
Se guardo me non sto male, non ho pensieri circolari. 
Quando lui pensa a se e secondo me non mi considera non è come penso io, perché io sto pensando male, penso che lui faccia così perché non mi vuole bene, faccio delle supposizioni in base a quello che io penso. 
Ma non sto sentendo me, penso a qualcosa fuori, guardo fuori. 
Se sono in me non faccio supposizioni, lo lascio stare, non lo guardo aspettandomi qualcosa da lui, non sono in attesa di attenzioni da lui.
Penso a me, sento me e la mia vita, faccio quello che io desidero, leggo, guardo la televisione, scrivo, riordino i cassetti o l’armadio dei vestiti, vivo la mia vita, quella che mi fa stare bene. 
Non elemosino le sue attenzione, non esisto solo perché lui mi guarda: esisto. 
Non voglio perdere questo mio sentire, voglio continuare a sentirmi sempre di più. 
Non voglio perdermi nel fuori, è troppo doloroso. 
E’ un non esistere.

M. B.

 

Una mano sulla coscienza.

In questo periodo si stanno verificando tanti danni alla madre terra, tutti li guardano per televisione ma pochi si chiedono il perché di queste catastrofi.
Bisogna essere reali nelle cose e non ipocriti. 
Tutti i terremoti, le frane, il maltempo denunciano un notevole squilibrio, ma noi pensiamo che sia colpa del cielo e diamo la causa all'atmosfera.
Che qualcosa sia cambiato è evidente: lo tocchiamo con mano!
Fa freddo più del solito, piove non normalmente, un acquazzone crea le alluvioni e tutto ci appare squilibrato.
Già, squilibrato: e direi che il punto sta proprio qui. 
Abbiamo il coraggio di porci una domanda? 
Noi esseri umani. abitanti ed ospiti di questa terra, come la trattiamo?
Come siamo?
A guardare i Telegiornali siamo come si suol dire, "alla frutta". 
Noi uomini della Terra abbiamo una responsabilità in tutto questo? 
In altre parole come ci siamo comportati con il nostro Pianeta? E con noi stessi? 
Forse non è tanto la natura da esaminare, quanto noi stessi.
Da qui una domanda che dobbiamo porci con sincerità: noi, noi uomini della Terra, come siamo? Stiamo raschiando il fondo del barile? 
Sembra infatti che oggi gli umani siano la maggior parte pazzi e malvagi.
E guardando cosa fa la gente, come uccide, violenta, distrugge, odia, ferisce , oggettivamente noi non possiamo pensare che tutto questo sia normale.
E come potrà mai reagire allora la natura che ci ospita, quando noi, umani , rappresentiamo un esempio negativo? Viene da pensare che la natura sino ad oggi ci abbia ancora graziato e che ora è stufa di noi, ne ha le scatole piene, di tutta la nostra energia negativa.
Quindi visto che noi suoi ospiti non siamo abbastanza evoluti per metterci una mano sulla coscienza, lei si fa sentire corrucciata, e la pioggerella diventa tornado, la brezza tifone, la nevicata valanga, il freddo gelo, l'onda tsunami ed il silenzio diventa terremoto.
Abbiamo poco da lamentarci, cominciamo ad avere un minimo di coraggio e guardiamo (non solo con gli occhi ma col cuore) come la trattiamo questa nostra Terra, poi tiriamo le somme, e valutiamo con distacco se lei ha ragione o torto. 
Abbiamo ridotto le campagne un immondezzaio, il silenzio delle pianure una cassa risonante di frastuoni assurdi, abbiamo avvelenato le acque, le zolle, l'aria….e ci lamentiamo che lui, il nostro pianeta, protesti? E' da centinaia d'anni che lo torturiamo. 
Sono convinto che se avessimo più serenità e umanità , verso la nostra madre Terra, questi eventi catastrofici si manifesterebbero molto meno.
Vorrà dire che "la mano sulla coscienza", visto che noi non ne siamo capaci , ce la farà mettere lei.

Davide

 

La vita è fatica?

Svegliarmi la mattina, fatica ad aprire gli occhi, alzarmi e cominciare un altro giorno. 
Fatica a fare, ora che mi sono alzata dopo una notte piena di sogni che non ricordo ma che mi hanno lasciato tanta stanchezza. 
Il cervello fa fatica e il mio corpo ancora dì più. 
Così pesante così bistrattato. 
Do un po' tutto per scontato, l'ho trascurato e solo con la ricerca il mio modo di fare è cambiato. 
C'è ci sono, il corpo umano è un prodigio divino ben sincronizzato, mi parla e si ribella alle angherie che gli procuro con miei pensieri. 
Pensieri di delusione, pensieri di solitudine, pensieri di doveri, pensieri di fatica. 
I miei pensieri, io sono il mio aguzzino, io sono il mio carceriere. 
Carcere di pensieri, abitudini, condizionamenti.
Rischio di soffocare, tiro, tiro il cappio dei miei pensieri, solo fatica, solo angoscia nel cominciare un nuovo giorno. 
Giudizio, vergogna per non riconoscere tutto il ben di Dio che Dio mi dà, tutto per dare troppa corda ai pensieri, quella corda che mi strozza e mi spegne.

Gigi

 

 

L'importante è amarsi

Dedicarmi del tempo, senza sensi di colpa. 
Uscire dallo schema dei mille pensieri e delle abitudini. 
Cercare quel qualcosa che piace a me senza dipendere dagli altri per briciole di riconoscimento che non è mai soddisfacente. 
Anzi avvilente, deludente, umiliante. 
Legata dai pensieri sempre uguali. 
Presunzione, presuntuosa nel dare per scontato i miei pensieri. 
Pensieri condizionati da abitudini di vita senza vita.
Ma che diritto/presunzione ho io nel dare per scontato che i miei pensieri arrovellanti siano giusti. 
Accidenti basta guardarmi: un sacco di pensieri pesanti, piangente lacrime amare di insoddisfazione. 
Realtà di vita che non è vita. 
Apprezzare quello che ho, che sono riuscita a fare per la mia soddisfazione e non per dimostrare agli altri che valgo, che ci sono, che esisto. 
Si esisto ebbene si. 
Pensieri, giudizi tutto limitato dalla mia ottica ristretta nel vedere le cose. 
Giudizi ristretti che mi condannano inesorabilmente per farmi rimanere legata alla sofferenza, al pianto amaro. 
Piango, piango la mia miseria, la mia meschinità, la mia piccolezza per non riconoscere il mio cuore. 
L'amarezza della delusione creata da pensieri ed aspettative. 
Limitata dai bisogni. 
Bisogno di riconoscimento, di essere buona. 
Essere buona, si ma con me e riconoscermi senza indugiare in pensieri ed abitudini castranti perché c'è dell'altro, non può essere che così.

Gigi

 

 

Un'altra ottica

Che bello: non ho parole per descrivere il mio stato d’animo.
Sentirsi bene. 
Sentirsi a posto. 
Rispettarmi. 
Amarmi. 
Conoscermi. 
Aiutarmi. 
Come un blocco che si scioglie, che si sgretola; che avevo costruito negli anni, dalle cose che vedevo e che sentivo. 
Dalle idee che mi ero fatta. 
Dai limiti che mi ero posta. 
Siepi invalicabili, pensavo che mai avrei potuto sfoltire. 
Ero ferma nella mia idea. 
Vedevo solo quello che era davanti al mio naso, a un centimetro e non di più.
Non vedere al di là del proprio naso. 
Com' è vera questa metafora. 
Vedere solo una faccia del cubo. 
Lo vedo meglio ora che sto facendo la geometria con i miei bambini. 
Le figure piane: il quadrato. 
Solo due dimensioni: l’altezza e la larghezza. 
Ma il quadrato è solo una delle sei facce di un cubo, che oltre all’altezza e la larghezza ha un’altra dimensione: la profondità. 
Vederlo in prospettiva, non solo di faccia.
Vedi molte altre cose che prima non vedevi e non sapevi neanche che esistessero. 
Vedere le cose da una prospettiva diversa. 
Uscire dal tunnel, uscire dalla chiusura. 
Uscire
dal dolore, uscire dai convincimenti che non ti danno respiro, che non ti danno speranza, che non ti danno vita, che ti condannano all’infelicità, alla sofferenza, che ti tengono lì, schiacciata e chiusa, nell’immobilità e nella sfiducia. Invece si può, è possibile. 
Nessuno mi può togliere questa certezza, perché l’ ho provato e come ci si sente bene ! 
Nient’altro ti può dare questo benessere. 
Per me era impensabile poterci “essere”, poter rispondere e parlare. 
Incassavo ed ero infelice.
Ma chi me lo fa fare?
Mi ammazzavo da sola. 
No, quella non era vita.

Stefania Pomi

 

 

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