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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 1-2 - anno 3° - Gennaio-Febbraio 2005

PAGINA 4

"Avremmo bisogno di un’assidua disciplina, di un serio allenamento
per rinunciare alle vecchie abitudini mentali, per scoprire un nuovo modo
di vedere le cose e renderlo stabile.
"
Jack Kornfield

 

Ferrari

Rosso Ferrari

Il mio sangue gira vorticosamente nelle mie vene, nel cuore e nel cervello; una sorta di Gran Premio di Formula 1 senza sosta. Purtroppo sta andando troppo forte cosicché in me genera troppa paura, troppa vertigine (mi sembra di andare sulle montagne russe).
Di questo passo mi viene un infarto od un ictus. 
Vorrei sentirlo più tranquillo, più lento, in armonia con il mio respiro ed il mio sguardo, invece corre come inseguito sapendo che la velocità è la sua unica salvezza. 
Ha paura di essere fermato e così travolge tutto come un fiume in piena.
Riuscirò a fermarlo prima che lui fermi me?

Piero Cavallo

Come eravamo, atto secondo

Ho incominciato a sentir parlare di ricostituenti che ero bambino. Siccome eravamo tutti magrissimi, i nostri genitori per darci una sferzata di energia ci facevano le uova sbattute; poi vennero i biscotti al Plasmon e poi un ricostituente che si comprava in farmacia che si chiamava Proton. La mia povera mamma quando mi mandava in colonia mi metteva sotto la camicia un bel mazzetto di prezzemolo per non farmi patire l'autobus, se mi vedeva un pò deperito correva in macelleria equina a comprarmi una bistecca di cavallo perché diceva "fa sangue". 
Mi ricordo che non pagavamo mai, ma i negozianti segnavano sul loro quaderno i debiti che poi liquidavamo quando mio padre portava a casa lo stipendio e così eravamo già subito spiumati.
Altro che conto in banca, altro che conto "arancio", non c'erano neppure i soldi per vivere!
Ricordo che quando uscivo con mio padre, e accadeva di rado perché lavorando di notte lui di giorno dormiva, si raccoglievano a terra i mozziconi delle sigarette; li portavamo a casa, li scartavamo per utilizzare il tabacco residuo e poi con le cartine e una macchinetta si facevano nuove sigarette.
Alla domenica nel riciclato si metteva il tabacco comprato dal tabaccaio che si chiamava trinciato. Mi ricordo che ce n'erano di due tipi: forte e dolce e se non vado errato erano in buste verdi e marrone. Più avanti dopo il 1955 mio padre, avendo raggiunto un relativo benessere, iniziò a fumare le sigarette"nuove": fumava le Alfa (le più forti e a buon mercato) e successivamente le Sax,tutte rigorosamente senza filtro.
Fu così che con tutto sto catrame corretto da una buona dose di alcool mio padre poco tempo dopo ci lasciò la pelle con grande gioia da parte dell'INPS.

Piero

 

Guardare fuori

Guardare fuori, osservare quello che fanno gli altri, così scatta il confronto con me stessa, così c'è la competizione, e così si sta tutto "fuori", non ti ricordi di ricordarti di te, di emozionarti per le tue emozioni, di osservare i tuoi pensieri.
La gara è quella di chi sa fare di più o meglio di te!
Questo è un gioco al massacro, è la "meraviglia" di finire aggrovigliati in una spirale dalla quale non si esce, ma si resta intrappolati e stritolati.
Questo è stare fuori.
Dimenticarti che esisti, dimenticarti di prendere in considerazione te e non solo gli altri, per vivere poi nell'aspettativa che gli altri ti considerino.
Che tu aspetti, che sei lì che aspetti.....
Che aspetti cosa?
Che il sole si alzi e ti illumini il cammino o che gli altri si accorgano che esisti.
Ma se vedi il sole al mattino, vuol dire che tu esisti!
Il sole c'è, e allora perché tu ti sei dimenticata di alzarti con lui?
Perché ti dimentichi di alzare quella fottutissima testa che hai sulle spalle ed usarla per farti del bene e non per farti comandare da lei?
Svegliati quando si alza il sole, la sua luce ti accoglie, ricordati di accogliere la tua di luce e di non lasciarla seppellita in qualche angolo nascosto.

Gabriella

 

La gabbia

Quando ti trovi nella gabbia dei leoni, non sai bene se ne uscirai ferito o vivo, tutto deve ancora accadere e la battaglia iniziare. Come potrò combattere per salvarmi la pellaccia? In due modi: o affrontare direttamente la belva e cercare con le mie armi di vincere o forse morire o corazzarmi di coraggio, pazienza e intelligenza eliminando ciò che più mi fa paura e blocca i miei movimenti e cercare di uscire vivo dalla gabbia.
E' un periodo abbastanza burrascoso sia per me che per tutto ciò che mi circonda, si spera sempre che le cose possano migliorare.
A livello generale c'è una gran insoddisfazione per tutto: la vita è cara, l'economia và a rotoli, le spese incombono, la gente si ammazza; ma in fondo si spera sempre in un futuro migliore, e se speri allora proietti pensieri positivi, "spero che l'economia di riprenda, spero che le persone possano stare bene e spero che un domani ci possa essere un po' più di rispetto per tutti."
Se c'è la speranza e si è coscienti si può eliminare un po' del mal vivere che c'è attorno a noi, si deve però sperare anche di eliminare parte del potere che gli uomini hanno, un po' di invidia, un po' di orgoglio e sperare, "finché c'è vita c'è SPERANZA" (è un vecchio detto) e in fondo io sono una persona che di speranza ne ha, e spero di migliorarmi sempre di più.
La speranza ha il colore verde, come gli alberi sempre verdi, come i prati verdi e come la prima erba che spunta dopo il gelo dell'inverno, che dà la speranza per un buon raccolto.

Generosa

 

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