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Ego - il giornale
Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 1 - anno 10° - Dicembre 2010-Gennaio 2011

PAGINA 2

   "Per molti ci sono due tragedie nella vita:    
non saper cosa fare a Natale e Pasqua
"

Oscar Wilde

 

Ma io come vivo?
Quando manca il rispetto reciproco

Niente da fare, mi son dovuta alzare. 
È notte fonda, ma nel letto i pensieri erano pressanti, uno dietro l’altro, spingevano, si sovrapponevano, era un parlare con me stessa.
Ora col quaderno davanti è diverso, e traduco per scritto tutto quello che prima mi riempiva la testa. 
Penso che poter scrivere è una fortuna, mi libera, mi salva, è una fortuna di cui tutti dovrebbero conoscere l’utilità,l’importanza. 
Poter buttar fuori, scrivendoli, tutti i pensieri, anche se sono tanti, talmente tanti che non si sa da dove cominciare.
Prendere coscienza di un qualcosa che fa soffrire, vedere le cose da un’ottica nuova che non è quella che per tanto tempo è stata la sola e l’unica. 
Carla ieri ci ha chiesto:”Perché si fa così fatica per arrivare a vedere le cose da un’altra ottica? Perché c’è un impedimento da parte nostra? Perché sembra così difficile guardare la realtà e preferiamo aggiustarcela credendo così di soffrire meno?”.
Perché io ho preferito rimanere lì dove sono, facendo finta di tirare avanti? 
Tanto quella è la realtà che devo vivere, che la vita mi pone d’avanti. 
Non mi sembra di farlo per bontà, sempre meno per bontà, sempre più per dovere. 
Così tanto vale cercare di viverla meglio che posso, farla vivere meglio possibile anche a lei, perché sia serena, per non avere poi sensi di colpa.
Cercare di mettermi nei suoi panni quando mi dice:”Tu non sai cosa provo io quando sono qui da sola, aver bisogno di sentirti e di telefonarti anche se è tardi, tu non sai cosa si prova alla mia età!” è giusto. 
Mi verrebbe di tacere di fronte alle sue parole, a quella sofferenza sacrosanta da alleviare, per la quale mi sono sempre però fatta fregare, a disposizione.
Anche con offerte fatte da me, un’idea uno slancio verso di lei. 
Non verso di me. 
Ecco, lì mi sentivo buona, ma da parte sua non sentivo quell’apprezzare che mi aspettavo sembrava mettesse al vaglio la proposta, se alettarla o meno. 
Nessun entusiasmo, con quei suoi: mah … sì… Magari…
Mi ha sempre dato un po’ fastidio ora che ci penso, quella sua condiscendenza fatta cadere dall’alto per una cosa che le offrivo per farle piacere. 
Così sono nate le abitudini, per vederla contenta, per non farle sentire la solitudine, per farla partecipare alla vita, alle cose belle ed è stato per tutta la vita così.
Poi penso al suo sarcasmo, a quel suo modo di fare che ha sempre irritato molti e che ora mal si combina con la fragilità che mi vuol far credere di avere, che mi suscitava tenerezza, voglia di proteggerla, di coccolarla, di vivere con lei finalmente un rapporto madre figlia. 
Ma com'è possibile pensare che sia fragile quando alla sua età scende in strada e con i suoi sciò sciò fa alzare dal gradino quel gruppo di ragazzi che le davano fastidio quando era affacciata al balcone. 
È più forte di lei! 
Come è possibile che sia fragile, incerta nella parola, incerta sulle gambe, con le vertigini che la rendono malferma e così può preparare la frase: “eh, adesso non mi sento più di uscire se non sei vicino a me e io ho bisogno di uscire tutti i giorni”.
Faccio fatica ad accettare che lei è così che si aspetta che io sia sempre lì, per lei, che patisce per non poter più entrare nella mia vita come ha sempre fatto. 
Accettare di vederla come è, non far finta di niente, vederla quando usa i suoi espedienti sottili, come cambia quando si sente smascherata e in più vede che ora reagisco, non è abituata e allora osservo la metamorfosi che avviene in lei, dalla sua accorata difesa, abilissima a rigirare la frittata a suo favore, al momento in cui fa uscire lentamente quello che in realtà trattiene dentro: una forma di cattiveria che la trasforma. Una sconosciuta!
O conosciuta e non voluta, ma che ho nella memoria, ma che non voglio ricordare perché mi paralizza, questa non urla, sibila a occhi socchiusi fa uscire veleno e viene verso di me.
E' brutta, non è mia madre. 
Fino a poco prima mi ha chiamato tesoro e mi ha lodato con quel suo modo così esagerato, così eccessivo, che non sento venire dal cuore, mi suona falso troppo ripetuto a tutti per essere autentico. 
Ho l’impressione che provi piacere a esibirmi.
Quand’ero piccola mi faceva attraversare la strada ma mi prendeva per il colletto da dietro per sua comodità, ma non ho mai avuto e non ricordo la mia manina tra le sue.
Ora sono io che l’aiuto ad attraversare, io la proteggo, le faccio da scudo perché le macchine rallentino quando siamo sulle strisce.
Lei ha capito che io non sono come lei. 
Il bastone del comando è diventato il bastone dell'appoggio e la rispetto. 
Il mio “maresciallo” in pensione.
Ho gli occhi che mi fanno male, tutto quello che ho scritto sono solo pensieri, ma li ho scritti, mi sono liberata, almeno per una buona parte, adesso torno a letto. 
Mi viene in mente che ormai sono anni che fra ospedali e fuori, vivo dedicandomi a lei. 
Ma io come vivo? 
Io come sto vivendo, io, essere umano, alla ricerca, in costruzione, con la mia colonna, a cui tengo tanto. 
Su questo terreno sismico, ogni tanto una scossa mi fa vacillare. 
A che punto sono del mio percorso?
E come intendo proseguire?

Giulia

 

 

Il dio danaro

La mia vita è già dentro di me. 
Tutto ciò che faccio e penso è già in me. 
Io vivo sempre guidato dal mio vecchio io. 
Ripeto le sensazioni che ho in me. 
Ricerco sempre le emozioni che ho in me. 
Ripeto la paura che vive in me. 
Ripeto l'arroganza della mia ignoranza. 
Uno pensa di vivere, pensa di scegliere ma, in realtà, è ciò che è già in lui che sceglie e lo ripete come ce l'ha dentro. 
Uno nasce incomincia ad immagazzinare ciò che vede, ciò che sente, ciò che prova e da quello che ha vissuto e sentito forma il suo Io, ripete ciò che ha assimilato: paure, gioie, entusiasmi ed altre cose ed in esse stabilisce questo suo Io. 
Noi siamo una copia di altre copie, le portiamo avanti pensando che ciò sia l'unica verità e sono loro che ci fanno muovere nella vita, sono loro che scelgono le nostre direzioni.
Noi pensiamo di essere noi, ma noi non sappiamo nemmeno dove siamo di casa se non ci accorgiamo della nostra eterna ripetizione.

Peppino C.

 

Uscire dal buio

E’ tutto diverso da come uno pensa. 
Ma se non provi non puoi crederlo. 
Invece è così, incredibile, ma vero. 
Ti dici dei NO prima, senza sapere. 
Lo decidi tu che sarà così e ti convinci che non può essere altrimenti. 
Ho reagito e mi ha addirittura chiesto scusa. 
Gli ho parlato e non mi ha mangiata.
Sono ancora viva e meglio di quello che pensavo.
Appunto: pensavo.
Lo pensavo io. 
Solo io. 
Mi ero creata la mia convinzione.
E da lì, di solito, non ci si sposta.
Quando invece spostandoti, vivi qualcosa che mai avresti pensato di vivere. 
Un rapporto diverso. 
Ti guardi allo specchio in modo diverso.
L’inesorabilità te la crei tu, l’impossibilità te la crei tu. 
La porta chiusa te la crei tu. 
La solitudine te la crei tu. 
L’incapacità di vivere te la crei tu. 
Le tue idee te le crei tu. 
I tuoi NO te li crei tu. 
E tutto il turbinio che ne consegue.
Quella chiusura, quella stanza chiusa in cui io mi rincantucciavo triste e desolata mi fa rabbrividire e sarebbe stata tutta la mia vita. 
Senza scoprire cosa vuol dire avere a che fare con gli altri, con l’esterno. 
Anestetizzata, congelata. 
Se ci penso mi viene da piangere. 
Eppure non vedevo soluzioni.
Vedevo chiusura. 
Neanche mi rendevo conto di vederla. 
E rimaneva tutto lì, chiuso a chiave. 
Un circolo chiuso.
Che brutta vita. 
Che vita! 
Capisco di più la mia superficialità, non ero in connessione. 
Non credevo fosse possibile. 
Il sollievo che si prova, le mie cellule che vibrano. 
Che strano: avevo paura delle sue urla. 
In quella telefonata lui urlava, ma io urlavo più di lui. 
E alla fine i toni si sono abbassati.

Luce

 

 

Quello che non ho vissuto

Quello che non ho vissuto non posso conoscerlo.
Ho iniziato a leggere un libro, nella pagina iniziale l’autore raccontava del suo rapporto con la sigaretta, del fatto che avesse smesso di fumare e del suo costante desiderio di fumare e della lotta che faceva quotidianamente contro questo suo bisogno.
Leggendo ho capito che quella persona scriveva bene perché parlava di una sua esperienza, scriveva di se e di quello che sentiva e lo scriveva molto bene.
Per la prima volta in vita mia, nella mia vita di lettrice accanita, ho visto l’autore, ho visto cosa c’è dietro a un libro, ho visto la differenza tra un buon libro e un libro inutile, ho visto che se non senti non puoi scrivere, nello scritto si vede se è mentale o sentito.
Io non potrei mai scrivere del bisogno del fumo perché non lo conosco, il mio scritto sarebbe mentale perché non ho mai sentito il bisogno di una sigaretta.
Se si vive la vita senza rendersene conto non si sente la vita e non si può neanche scrivere di essa.
Inizio a vedere cosa significa stare in superficie, essere superficiali, significa non sentire e se non si sente non si può scrivere.

M. B.

 

 

Forse dò di testa

Esistono gli altri. 
Gli altri sono come me, ma ognuno di noi é diverso.
Gli altri esistono, non avevo mai riflettuto sulla loro importanza.
Sembra folle, ma è così. 
Come se fossi esistita solo io. 
E' assurdo, é solo assurdo se penso a come ho ragionato fino ad ora. 
Già e gli altri chi sono?
Sono completamente imbecille. 
Gli altri. 
Gli altri cuori, gli altri pensieri, i loro desideri, aspettative, sogni. 
Gli altri ed io. 
Io ed il mondo. 
Forse sono impazzita, ma ora mi accorgo che la mia vita, è sempre stata:"Ci sono solo io!".
Che presunzione assoluta, che non ha paragoni.
Gli altri che dilemma, è come se mi accorgessi solo adesso che esistono.
Ma come posso essere sempre stata così?
Eppure con gli altri interagisco ogni giorno per ogni cosa.
Il mio egoismo, mi ha reso cieca, fino al punto di non considerare nessuno.
Allora chi ho amato veramente tra loro? 
Ho sempre vissuto come se ci fossi solo io. 
Sono stravolta, non mi ero mai accorta di questo.
Gli altri esistono, e credo che ognuno di loro, con sogni e desideri, errori, difetti e condizionamenti condividono con me questo tempo.
Mi fa un effetto strano, mi sento stranissima.
E' come se per la prima volta, mi accorgessi della loro esistenza.
E' una sensazione che non riesco nemmeno a descrivere, anzi faccio fatica, non so cosa mi stia accadendo......

Gabriella

 

Grandi spazi

Spazi aperti, spazi grandi. 
Ciò che ho visto, quello che ho percepito. 
Luoghi antichi, spaccature profonde della Terra. 
E' stato come guardare indietro nel tempo. 
Così sono stati una serie di impeti forti. 
Terra erosa dal fiume, dal vento, scavata dal ghiaccio e dalle intemperie. 
L'uomo inerme, impotente. La forza dell'assoluto. 
Il percorso di un grande fiume come il percorso della nostra vita. 
Tortuoso, a volte lineare o profondo. 
Terra profonda ed acqua tenace che scava, e ti fa perdere lontano lo sguardo. 
Sono qui da un tempo lunghissimo. 
La tenacia dell'acqua nel tempo. 
L'impotenza dell'uomo davanti a tanta forza. 
L'uomo può solo ringraziare tanta magnificenza. 
Eccolo il vero santuario, é lì davanti ai miei occhi; un fiume che ha trasformato questa parte del mondo in migliaia di anni. 
Eccolo il vero tempio dove pregare. 
La Natura sovrana. 
Nulla può l'opera dell'uomo, non esiste cattedrale, moschea o sinagoga più mistica di questa. 
Il corso del fiume, il corso della vita. 
Se é vissuta con tenacia e coraggio può trasformare molto, così come ha fatto il fiume nel suo percorso. La superficialità non ti da' modo di vedere e scoprire bellezze così grandi. 
La bellezza più grande non è in superficie. 
Il fiume scava, è lì che scorre da sempre. 
Uomo stupido ed impotente, cosa ne fai del tuo stupido ed arrogante orgoglio, davanti a tanta maestosa potenza? 
A cosa serve la tua arroganza? 
La tua presunzione? 
Il fiume è lì, colorato e bellissimo, impetuoso ed implacabile, luminoso e profondo, e tu uomo stupido, ed ignorante cosa puoi fare?

G. P.

 

 

Essere umani

Credo che ognuno di noi debba, nella vita superare, comprendere delle cose.
Questo comprendere ci innalza e rende il nostro vissuto importante e degno di un essere umano.
Credo che questo innalzamento ce lo dobbiamo guadagnare; è una esperienza profonda che ci segna in una maniera indelebile nei meandri dell'anima.
Non dobbiamo avere fretta e neanche scoraggiarsi , sono certo , anche se ho i miei forti sbandamenti, che la forza in ognuno di noi c' è.
Quando la posta è alta questi sbandamenti possono fare tremare la terra.
La nostra forza è quella certezza della nostra pulizia, della nostra trasparenza, è quella certezza che fino all' ultimo abbiamo teso la nostra mano che nessuno ha visto.

Vincenzo Bene

 

 

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