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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 4 - anno 3° - Aprile 2005

PAGINA 4

  "Dove mancano le parole, parla la musica"  
Mozart

Invidia sprecata

Una vita passata a guardare gli altri e a non vederli.
Ho invidiato modelli che non esistono se non nella mia immaginazione.
Ho visto eleganza e signorilità dove non c'è che un'apparenza sfacciata e cafona.
Ho invidiato la sicurezza dove non esiste se non un'infilarsi ed un gusto di schiacciare sempre l'altro con l'arroganza delle parole.
Ed ora chi sono?
Mi rendo conto che non crescevo perché guardavo sempre e solo fuori di me e gli altri erano sempre quelli e la mia immaginazione,spinta dal mio bisogno di essere ciò che non ero, ha appiccicato vestiti e personaggi ben lontani dalla realtà. 
Dov'è quell'amore che ho creduto di vedere? 
Dove quella disponibilità senza interesse?
E' solo nel mio desiderio di amare! 
Tutti quanti assetati corriamo alla ricerca di quell'acqua che nel deserto non troveremo mai, perché il pozzo è qui dentro di noi e non vi attingiamo il secchio e non portiamo alla bocca la freschezza di quella fonte.
Svegliarsi da questo sogno fantasioso è una grande cosa veramente.
Ci ho messo tanto impegno e fatica e dolore e sollievo e gioia, una misticanza di emozioni che solo io conosco.
Ma poi è chiaro, è chiaro l'inganno in cui ho sempre vissuto, non volendo vedere gli esseri umani per quello che sono e non tutti quanti miti meglio di me, ma tutti quanti con i loro limiti, i loro dolori, le loro frustrazioni e il loro poco amore di se.
E' come se mi si fosse spalancata una porta, la porta della chiarezza.

Angela C.

 

 

Ero convinta di non averne

Invidia tanta, invidia a fiumi, quando pensi che non ci sia, è già lì che ti tende il tranello.
Spavento, panico, a vedere quanta me ne sono vista.
Profonda, antica, da sempre con me, senza mai nemmeno il sospetto che ci fosse, ed invece, mi ha tenuta bloccata con il suo peso da sempre.
Invidia dell'altezza, quale quella dell'Everest?
No, quella di qualunque altro essere umano mi si avvicinasse, altezza piccola la mia, e invidia per tutta l'altezza degli altri, anche quella di pochi centimetri.
Orrore, ho provato orrore ed anche un po' di pietà per me stessa, nel non aver mai voluto guardare questa mia frustrazione, in modo così profondo, senza più scappare davanti al problema.
Credevo di avere imparato a convivere con questa frustrazione dell'altezza bassa, ed invece ogni occasione era una ferita, una ferita dietro l'altra, e l'invidia cresce giorno dopo giorno.
Ora ci penso e mi dico chissà quante altre invidie non ho ancora trovato su di me.

G. P.

 

La mia casa

Che bello tornare a casa ultimamente; mi sento più a casa mia e non so dire perché prima non la sentivo così.
Tornare a casa, è come tornare a cuccia, nel silenzio dei mobili, ed il ronzio del frigo in cucina, tra i termosifoni colorati e gli aerei appesi al muro, insieme ai miei disegni e pupazzi buttati qua e là.
A volte non sembra una casa, ma un asilo.
Non riuscivo a tornarci, non so perché, ma non era così necessario, come lo è adesso.
Non vedo l'ora di rientrare, per stare tra le mie cose, anche solo ad osservarle.
Provo una sensazione di accoglienza che prima non provavo.
Ora questa casa, mi sembra di amarla di più, sento più mia la mia presenza qui, anche se tutto è come è sempre stato.
Ora non so come è che mi sono seduta in cucina, ma è come se fossi in tutte le stanze nello stesso momento.
Che sensazione strana, però mi sento bene. 

Gabriella

 

 

Io, che non mi conosco

Oggi, oggi è un altro giorno importante. 
Ho visto quanta fatica, quanti sforzi, quanta energia ho impiegato tutta la vita ad aspettare che l'altro, gli altri mi dessero tutto quello di cui ho avuto e ho tanto bisogno.
Ma come, io che non conosco me stessa, non so ancora bene chi sono, come funziono, non mi è ancora chiaro come funzionano i miei sensi, pretendo, con tanto spreco di energia, che l'altro cambi, mi dia tutto quello di cui ho avuto ed ho ancora bisogno. Io che non conosco me, ho la pretesa di conoscere l'altro perché mi dia, ho la pretesa di aspettare che l'atro cambi perché mi dia; ho messo tutto il mio tempo a disposizione dell'attesa del cambiamento dell'altro, senza vedere che ho sciupato, sprecato, distrutto il mio tempo, consumato il tempo, il tempo della mia vita. 
Ora che questo meccanismo della consumazione, dello spreco, dello sciupio del mio tempo, della mia vita mi è ancora più chiaro, mi accorgo che il mio tempo è solo mio, i miei sensi sono solo miei, la mia vita è solo mia.
Gli occhi sono miei, le orecchie sono mie, le mani sono mie, le gambe sono mie, e solo io che li possiedo posso scoprire, capire, apprezzare la loro esistenza e rispettarla, perché l'altro non può mica vedere con i miei occhi, vedrà con i suoi. 
Ma se io non so esattamente come funzionano i miei, come posso pensare che i suoi occhi vedano me come io ho bisogno che mi vedano?
E' assurdo, ma mi accorgo che ho fatto sempre così, aspettare che i suoi occhi mi vedano come io ho bisogno di essere veduta, per non sentirmi abbandonata.
Ma mi sono abbandonata da sola non guardando me, non guardando quello che ho dentro, non guardando i miei occhi che guardano ogni secondo l'altro.
Solo quando mi fanno male mi ricordo della loro importanza e mi preoccupo, altrimenti non ho attenzioni per loro, per quello che fanno, per quello che vedono, se non per truccarli, per sentirmi bella, per vedermi allo specchio.

Gianna

 

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