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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 4-5 - anno 4° - Aprile-Maggio 2006

PAGINA 3

  "Oggi gli uomini sono diventati strumenti dei loro stessi strumenti"  
Henry David Thoreau

 

Inizio ad amarmi

Amarmi è una fatica, lo sento difficile. 
Ma almeno mi sto ponendo una domanda, tanto per cominciare, è un inizio: mi chiedo perché sono la persona che amo di meno al mondo. 
Amarmi è difficile se non mi conosco; non mi conosco eppure mi giudico. 
Giudico il dolore che ho dentro, giudico senza capire, giudico quello che credo di essere; poco. 
Credo di essere poco. 
In memoria aggiungo la condanna; nella mia vita quello che ho fatto l’ho fatto per gli altri, spinta solo da motivi come il dovere o il bisogno di riconoscimento.
Ora finalmente voglio mettere in memoria qualcosa per me. 
Voglio “riaprire il caso”. 
Perché la mia memoria è viva e accoglie i cambiamenti. 
Se io dimostro a me stessa di superare le paure che mi bloccano, che mi fanno rinunciare all’azione, che mi fanno credere di non valere, se dimostro a me stessa di essere in grado di fare, di proseguire, di realizzare un’esperienza, non cambia qualcosa?
Non cambia il mio giudizio? 
Non revoco una condanna? 
Se io osservo con onestà quel terribile meccanismo che mi ha portato a guardare gli altri nella loro azione, nella loro realizzazione, vedo che in quei momenti nasceva un’invidia. L’invidia mi ha fatto chiudere nella mia pigrizia. 
Di più. 
Ferma, con rancore, senza potermi esprimere. 
Con tutto il mio mondo fermo da esprimere, pronto dal lungo desiderio.
Spinge. 
Ora mi sono trovata ancora a tu per tu con la vecchia paura. 
E mi ribello. 
Lei crede di essere forte, ma ora so che io posso essere più forte. 
La guardo mentre si erge davanti a me: è un colosso di argilla che crolla davanti alla mia azione. 
Non se lo aspettava. 
E allora riprende forma, cambia aspetto.
Ma ho imparato a non perderla di vista. 
Infatti crea piano piano un pensiero che mi disturba: mi ricorda che ho bisogno di colmare un vuoto. 
Un vuoto che io stessa ho creato con anni e anni di chiusura, di assenza d’amore. 
Un bisogno grande. 
E così mangio e mi rimpinzo, faccio anche finta che non mi importa di ingrassare. 
Mangio e mi rimpinzo come se non avessi nient’altro a cui aggrapparmi. 
Perché tra i cinque sensi proprio quello del Gusto sembra prestarsi al suo gioco? 
Perché faccio pagare al mio corpo i debiti di questo strozzino, di questo usuraio che cerca di tenermi in pugno anche così? 
E perché poi, quando sono sazia di cibo, il mio bisogno è ancora lì, tale e quale? 
Cosa devo comprendere?
Cosa devo conoscere di me per aiutarmi? 
Perché io voglio aiutarmi, voglio finalmente arrivare, dopo tanto tempo, ad amarmi.

Rosanna

 

 

i Grandi Filosofi

“Per amare qualcosa, bisogna rendersi conto che quel “qualcosa” potremmo anche perderlo”.

Gilbert Keith Chesterton scrittore e filosofo inglese (1874-1936). Scrisse articoli e libri molto polemici nei quali attaccava tutto ciò che stimava errore dei tempi moderni, opponendo al razionalismo e all'esaltazione delle scienze il buon senso e la fede. 
Della sua vasta produzione fanno parte Eretici (1905), Che cosa va male nel mondo (1910); L'uomo che chiamiamo il Cristo (1927); Il Napoleone di Notting Hill (1904), L'uomo che fu giovedì.
In Italia è conosciuto specialmente per la serie di racconti polizieschi televisivi che hanno per protagonista padre Brown, "il detective del buon Dio".

 

 

Disturbo

Il pensiero di disturbo arriva, non me ne accorgo nemmeno. Con quel pensiero io ci parlo, ci parliamo, mi risponde come io costruisco, sembra un film, un fumetto. Una parola tira l’altra ed un’altra ancora, costruisco parole ed altre parole ancora, parlo con il mio pensiero, e costruisco anche le immagini, i luoghi, le situazioni, gli sviluppi, tutto dentro di me, e vado avanti.
Quando di colpo mi accorgo di essere totalmente nel pensiero, nel film, nella costruzione del film, mi accorgo quanto sono fuori da me, fuori anche dal luogo dove realmente sono, perché io sono nel luogo del mio pensiero. Quante cose costruisce la mia testa quando sono in confusione.

Gianna

 

La mia spazzatura

Povera memoria mia, quanta spazzatura ti ho buttato dentro senza rendermene conto!
In tutti questi anni stesse mie richieste, stesso mio bisogno, stesse aspettative ed uguali delusioni.
Un incessante chiedere e bussare a porte chiuse e ricevere uguali richieste, anche se diverse e, a loro volta, disattese.
Quanto tempo ho perduto nel dolore vano dell’aspettativa delusa, nell’illusione che qualche cosa cambiasse in chi mi stava davanti, senza rendermi conto che l’unica che doveva cambiare ero io, alleggerendo la memoria di tutto quel peso.
I problemi che ho sono sempre gli stessi, ma sono cambiati un po’, si è alleggerito un poco il peso, ho meno dolore, ho visto un po’ meglio le cose. 
Mi rendo conto di quante frasi uguali le mie orecchie hanno sentito e di quanti quadri sgradevoli i miei occhi hanno visto e che tutto è finito dentro di me, unito ad impatti di dolore, di delusioni non coscienti e sono stata così cieca e ottusa e poco dignitosa da continuare a chiedere.
Chiedere è umiliante, ma solo quando ci si rende conto che la dignità è ben altra cosa.

Luigina

 

 

Per non fare
Soffrire per ciò che non ho
soffrire per ciò che non ho realizzato
soffrire per la mancanza di un progetto
soffrire per la mancanza di presenza
oggi nella mia vita. Basta soffrire!
Non sono nata per soffrire, per stare male
devo capire, comprendere e migliorarmi.
Tutto il resto sono stupidaggini
paraventi di comodo per non fare.

Ede

 


 

Respiro
Respirare, quasi non te ne accorgi
eppure ti fa vivere in questo caotico mezzo
di terra, tra cielo e mare.

Gene


 

I sensi
I sensi sono il mio contatto con il mondo.

Gabriella

 

 

Ripetizioni della memoria

Genitori e figli, eterno incontro o scontro.
I figli fanno di testa loro, sempre, nonostante le raccomandazioni di chi ha più esperienza e poi, se sono nei guai come è facile che siano, chiamano ed i genitori accorrono. I padri brontolano un po’, le mamme neanche quello, c’è un legame del cuore, un qualcosa di particolarmente profondo che le guida e corrono in aiuto, un dare che non chiede in cambio nulla.
Forse questo non è del tutto vero o non sempre è così, perché ci si aspetta comunque una gratitudine, un amore di rimando, un gesto di affetto, uno sguardo, un semplice grazie.
La mamma c’è sempre, non ti chiude mai la porta, può avere i suoi modi a volte incomprensibili, un suo carattere particolare, tanti difetti come noi tutti, ma le sue braccia sono sempre spalancate. 
Essa tace per anni per non darti un dolore, se lo può evitare, e ti aspetta sempre, è un’isola, un rifugio nei momenti di difficoltà. 
Sembra che il no sia poco nel suo vocabolario: chi corre incontro al figlio ha un sì nel cuore!
Quando si è più adulti queste cose si capiscono meglio e, se si può, ne si gusta il frutto prelibato, quella manna dal cielo che c’è sempre.

Luigina

 

 

 

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