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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 2-8 - anno 7° - Giugno-Luglio-Agosto 2009

PAGINA 2

   "Io sono come il cielo. Dio mi ha fatto. 
   Avresti il coraggio di trovare in me difetti?"   
Miguel de Cervantes y Saavedra

Una vita nei ricordi

Quanto ci vuole a sgomberare la casa di mia mamma!
Tanto tempo. 
Subito è stato difficile, doloroso; quando ho visto certe vecchie fotografie mi è scoppiato il cuore dal pianto.
Poi, piano piano, le cose sono andate meglio ed ho rivissuto un passato, una memoria sepolta dentro di me, con le sue emozioni, i suoi profumi, le sensazioni. 
Scatole polverose, ma piene di ricordi e significati.
Ecco quella bustina di panno lenci rossa con le applicazioni.
Chi se la ricordava più? 
La rivedo su quella scrivania vecchia della mia camera, in corso Francia, tocco il legno dei cassetti, accarezzo il piano di pelle, sono lì seduta, la finestra aperta, l’abbaiare del cane del vicino, mia madre in cucina che aspetta l’arrivo di mio padre e di mio fratello.
Ritrovo il rasoio di mio padre con il pennello e quella ciotola metallica che usava per radersi la barba al mattino e lo sento cantare “Amapola, dolcissima Amapola”.
Sento la freschezza del suo viso nel salutarmi ed il profumo del suo dopobarba.
Già, e la mia matita di metallo che usavo a scuola?
Guardiamo se c’è la mina. 
C’è, c’è ancora l’ultima mina che ho usato tanti anni fa e non ricordo neanche quanti.
La tengo in mano, mi dico che la devo conservare ancora, ha un significato.
Capisco ad un tratto perché conserviamo così tante cose, hanno un significato, un profumo, una musica, un’emozione a cui non possiamo rinunciare.
E così ho fatto un tuffo indietro nel tempo, ringraziando per tutto quello che ho avuto o che i genitori comunque danno sempre ai figli, ma con un filo di malinconia.
Certe cose le rimpiango tanto, come l’arrivo di mio fratello a casa o quello di mio padre o quel trovarsi tutti insieme, le mie zie, l’estate in campagna.
Ho visto però come ho tutto dentro e basta un panno lenci od una matita per far partire l’incantesimo di cose perdute e tornate a galla in un attimo.
Tutto vive dentro di me anche se fisicamente non c’è più nessuno della mia famiglia ed io sono qui che leggo ogni foglietto o passo in rassegna ogni scatola con il rispetto loro dovuto, mettendo amore in quel che faccio, poiché è vero che sono tutti oggetti di mia mamma, ma sono la storia della mia esistenza.
Certe cose le accarezzo con il mio cuore e mi commuovo alla loro vista e, se lo immaginavo un lavoro noioso e pesante, mi sbagliavo.
E’ molto interessante invece, è un lavoro di famiglia.
Cerco e spero di fare ogni cosa gradita a chi se ne è andata via per sempre con la prima nevicata.
Un abbraccio a te mamma.

Luigina

 

 

La memoria degli oggetti

La memoria, opportunamente stimolata dagli oggetti esterni, può portare alla luce della coscienza le emozioni passate di cui l'io di ogni individuo è costituito.
E' questa la tesi filosofica moderna a commento di una affermazione fatta da Camerun in Usa qualche tempo fa, e cioè che gli oggetti emanano una sostanza sconosciuta capace di impregnare qualsiasi cosa.
Nel 1805 il chimico francese Joseph Louis Proust (da non confondere col filosofo Marcel) eseguì un esperimento che fu giudicato straordinario: esaminando l'acqua contenuta in dieci bicchieri, seppe dire da quali fiumi fontane e laghi era stata raccolta.
I giornali dell'epoca napoleonica scrissero che l'acqua aveva una memoria. 
Proust invece precisò che l'indicazione gli veniva data dalla composizione chimica di ogni fiume. 
Le relazioni oggetti-memoria memoria-eventi eventi-sentimenti non sono determinate unicamente dalla forma degli oggetti stessi, ma da tutti i cinque sensi che li hanno forgiati negli anni, vale a dire odori, costituzione, rumori, aspetti.
Solo la fotografia ha il pregio di poter fermare il tempo.
Qualsiasi altro oggetto attiva unicamente l' io dell'osservatore facendo rievocare la memoria di un tempo perduto o di un luogo lasciato.

 

 

 

Adesso lo vedo

Adesso lo vedo. Adesso lo so. Veloce.
Tutto troppo veloce.
Il pensiero corre veloce,
ed allora cerco di stordirlo
con il movimento del corpo.
Sali, scendi, vedi, guarda, parla, descrivi.
Stordimento totale.
Disciplina anche per stordirsi.
Adesso ti organizzo tutto,
compreso lo stordimento.
In compenso tu non pensi, non pensiamo.
Muoversi come droga che appanna i sensi.
Il pensiero galoppa, non lo sai fermare.
Tutto "troppo" da affrontare.
Non ti fermi perché non sai come si fa',
oppure lo sai ma ti spaventi,
ti fa' troppa paura.
Ritmo. Ritmo. Avanti.
Avanti per non creare movimento
felice ma per stordirsi.
Adesso apprezzo di più il mio riuscire a stare sola. 
Il mio riuscire a scrivere.
Il mio stare ferma a guardare.
Il mio amore per la cucina.
Il mio canto. 
Il mio essere Alina.

Alina

 

 

Insicurezze

Quando mi vedo così poi mi sento stupida, mi viene quasi una ribellione verso me stessa. 
Rimango lì, interdetta.
Non reagisco. 
Poi dopo a mente fredda mi verrebbe la risposta. 
Anche con il preside della scuola la stessa cosa.
Ma perché faccio così? 
Non mi sembrava quasi vero che stessimo parlando e che lui fosse aperto a delle proposte.
Non pensavo che sarebbe andata così. 
Quando dovevo andare da lui per l’appuntamento avevo il cuore che batteva a mille. 
Paura, timore. 
Ho sempre paura che mi mandino a stendere, ho sempre paura di scocciare, che mi mandino via. 
Anche con le telefonate che faccio per lavoro la sensazione è sempre la stessa. 
Prima di iniziare ho il cuore a mille. 
Qualcosa mi trattiene. 
Poi le faccio e spesso va bene. 
Paura di dar fastidio. 
Pensieri rumorosi che mi rovinano l’azione. T
utte le volte che nelle telefonate riesco, prima devo combattere con la paura che mi farebbe rimandare.
Anche per vedere il preside ho dovuto combattere.
Pensavo: ”Ma cosa vuoi che ti dica? Avranno altro di meglio da fare”. 
Non mi aspettavo che mi dicesse se avevo qualcosa da proporre. 
E adesso che voglio rifarmi viva, ho sempre quella sensazione di timore, di disturbare. 
Che casino. 
E’ tutto un miscuglio di sensazioni che mi creano problema e fastidio nell’affrontare le cose. 
E il fatto di essere con la testa nelle nuvole. 
Non capisco. 
Non sono presente. 
Perché non sono presente? 
Sento sempre la mia chiusura, come una cosa comune in tutto quello che faccio o penso di fare. 
Che scorza dura.

S. P.

 

 

Il mio vedere

Il mio sentire, il mio vedere, il mio ascoltare, le mie reazioni. 
Tutto quello che filtro ed ascolto volentieri o rifiuto e mi sento infastidita.
Magari quello che a me piace ad un altro no. 
Quello che mi infastidisce, ad un altro no. 
Come sono io e come sono gli altri. 
Ognuno diverso da me, tutti diversi tra loro. 
Pensieri che si rincorrono, il cammino non é uguale per tutti. 
I percorsi condivisi, quelli fatti da sola. 
Io con gli altri, io in mezzo alla gente, in mezzo alla vita, lungo la strada come tutti.
Il mio sentire è unico, i miei pensieri, i miei desideri.
Ogni istante trascorso è mio, e non sempre lo vivo, anzi quasi mai lo vivo. 
Gli istanti passano ed io non presente non colgo quell'attimo, non colgo il soffio di quell'istante, rimango avvinghiata nei miei pensieri.
Come ogni giorno sono qui e vorrei essere più attenta a vivere ogni istante.

Gabriella

 

 

 

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