Ego Filosofia:
HOME
IL GIORNALE EGO

leggi il giornale EGO:
numero ZERO

2003:
numero 1
numero 2
numero 3-4
numero 5-6-7
numero 8

2004:
numero 1
numero 2
numero 3
numero 4
numero 5-6-7
numero 8-9-10-11
numero 12

2005:
numero 1-2
numero 3
numero 4
numero 5
numero 6-7-8-9
numero 10
numero 11
numero 12

2006:
numero 2
numero 3
numero 4-5
numero 6-7-8-9
numero 10-11
numero 12 

2007:
numero 1
numero 2
numero 3
numero 4-5-6-7
numero 9-10-11
numero 12

2008:
numero 1
numero 2-3
numero 4-5-6
numero 7

2009:
numero 1
numero 2-8
numero 9

2010:
numero 10

2011:
numero 1
numero 2

2012:
numero 1

2013:
numero 1
numero 2
numero 3

2014:
numero 1
 

 

 

 

Ego - il giornale
Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 2 - anno 10° - Giugno-Luglio 2011

PAGINA 2

   "Sorridi sempre ed a tutti: 
   per che cosa viviamo, se non per rendere questo mondo meno difficile?"
  

George Eliot

Per me

Sto costruendo il mio “camminare”. 
Pur con le mie incertezze, ma anche con le mie certezze. 
Sono queste che mi aiutano nel cammino, queste a cui mi aggrappo. 
Certezze consolidate, mica arrivate così! 
Guadagnate lavorando su di me, con fatica, perché le vecchie abitudini, i vecchi condizionamenti sono roccia pura, duri da abbattere, da comprendere.
Ogni tanto qualcosa in più, maturato dentro, già preparato, ma che fino a quel momento mancava di un qualcosa. 
“Quel qualcosa”.
Ogni tanto un nuovo impatto mi fa vedere quello che sono. 
L’ultima volta sempre meglio della precedente, un po’ più chiaro, più con me. 
“Quel qualcosa” che fa la differenza, che mi fa capire a che punto sono del mio percorso, che mi rende curiosa, osservatrice e giudice.
Ma non il giudice spietato di un tempo, verso me stessa, con malessere e senso di colpa, no! 
Un giudice vero, un giudice d’amore che osserva e sprona a migliorare, a correggermi.
Amore. 
Che bella parola è nata in me, che bel sentire, com’è contenta la mia coscienza quando l’ascolta! 
Quanti respiri profondi mi escono! 
Sto cercando di costruire il mio “camminare”. 
A volte con fatica perché non è facile, per esempio, uscire dai pensieri nati dai sensi di colpa, quelli che si fanno vivi ogni tanto per disturbarmi nei ricordi, per rendere pesante la memoria. 
Non è facile guardare avanti quando accanto a te c’è una sofferenza che non puoi alleviare, quando c’è rifiuto per qualcosa che è lì e fa parte del tuo cammino.
Non è facile quando ci sono i bisogni, quando i tuoi bisogni scelgono per te una strada, e tu vuoi quella, perché hai bisogno di credere che quella è quella giusta. 
Anche se sai che in cuor tuo non sei felice. 
Allora: sono con me o contro di me? 
La voglio tenere d’acconto questa vita mia? 
L’ho già maltrattata abbastanza, l’ho già lasciata scorrere a vuoto fin troppo, come l’acqua del rubinetto. 
Sprecata, sparita. 
Però adesso ci sono ancora nella mia vita, eccome se ci sono! 
Anche se non so per quanto, perché nessuno lo sa. 
Vedo che questo pensiero potrebbe mettermi fretta.
Sbagliato! 
Non sprecarla non vuol dire mettermi a correre, anzi, al contrario, vuol dire rispettarla, soffermarmi sulle cose, su ciò che mi succede e su ciò che mi provoca dentro, nel bene e nel male, ascoltare i miei stati d’animo,essere presente insomma, esserci, la cosa più facile e anche la più difficile. 
E’ proprio così che arriverà “quel qualcosa”, quell’attimo in cui comprenderò ciò per cui ho lavorato e che desidero. 
E anche se non è facile, è per me che lo faccio, varrebbe la pena vivere già solo questi attimi, per queste conquiste, per queste aperture che ti cambiano la vita.
E’ per me che lo faccio, qui si tratta d’amore.
“Fratello mandorlo, parlami di Dio!”
……e il mandorlo si coprì di fiori.

R. M.

 

Basterebbe un po' d'amore

Ho sperimentato cosa vuol dire vivere e dare quello che si ha dentro: un po’ d’amore. 
Sono sicura che, se fosse successo anche poco tempo fa, non sarei stata così, non avrei provato quello che ho sentito oggi: come stanno già lavorando in me le cose che ho maturato, anche se non me ne sono resa conto subito. 
Sperimentare ciò che sento è bello. 
Giuliana è una vecchia amica che non frequentavo più da tempo, e che ho sempre invidiato per la sua laurea e per la sua professione ma che, a sua volta, ha sempre invidiato me per il mio matrimonio e per mia figlia, lei che non è riuscita a trovare marito e che ora è una pensionata infelice e il suo passato di preside è per lei un lontano ricordo, sembra non avere altro. 
Lei invidiava me e io invidiavo lei. 
Ora ci siamo ritrovate e i motivi delle nostre invidie non hanno più senso. 
Oggi eravamo nuove l’una per l’altra, due esseri umani che si parlavano e si raccontavano con semplicità le esperienze passate.
Ho sentito tenerezza e ho sentito anche che tante cose andavano a posto tra di noi e siamo state bene. 
Un’amica comune mi aveva messo in guardia con poca sensibilità:“Stai attenta che è un po’ fuori!”. 
Beh, sta attraversando una depressione, ma non l’ho sentita “fuori”. 
Mi è sembrata molto smarrita, questo sì, ma i suoi discorsi non erano di una che è “fuori”. 
Ho sperimentato che quando stiamo bene con noi, quando “siamo” con noi, gli altri non li giudichi, come ho sempre fatto in passato, senti solo la persona che soffre, e si crea unione.
Sentivo in me una dolcezza che vorrei avere sempre e lei mi ha detto che sono tanto cambiata ed era piacevolmente sorpresa, si capiva che era stata bene. 
Abbiamo parlato per tre ore piene. 
Dovevo stare lì poco, perché entrambe avevamo da fare, invece si è fatta sera e non ce ne siamo accorte. 
Lei lo ha sentito e sono contenta, perché anch’io l’ho sentito oggi l’amore che ho dentro e sono tornata a casa con una cosa bella.

Ede

 

 

Come nasce un desiderio?

Oggi ho visto come mi nasce un desiderio perché mi sono osservata mentre succedeva.
Forse in un modo un po’ banale, vedendo spiegare in tv la ricetta di un dolce. 
Sarà che sono golosa, ma era un crescendo di acquolina in bocca. 
Cos’è scattato in me per desiderare quel dolce così bello che era proprio lì davanti a me? 
Eppure non avevo neanche fame, ma con tutta quella bella panna montata guarnita di uva e ribes rosso, come si fa? 
E lo immaginavo anche così buono, tanto da sentirne quasi il sapore. 
Lo immaginavo, non era reale, ma io ero tutta lì dentro! 
Gli occhi in accordo con il gusto: l’ho visto, l’ho immaginato e l’ho desiderato.
A volte sento dire dalle amiche:“Non vado in centro perché non ho soldi da spendere e vedere le vetrine così!... è meglio se non ci vado neppure”. 
Perché vedere ci fa venire subito la voglia di avere? 
Perché scatta in noi questo meccanismo? 
Non me lo ero mai chiesto.
Se non vedo non mi succede; perché se vedo desidero? 
Cos’è che mi spinge a volere quell’oggetto che ho visto in vetrina, contornato da tutte quelle luci, così bello visto lì, così particolare? 
Chissà come starebbe bene in casa mia! 
Lo prendo? …o non lo prendo?
Potrei anche farne a meno, non è indispensabile.
Sì, beh, potrei farne a meno, ma è così carino! 
E se non lo prendo e poi mi pento? 
E se torno, magari l’hanno già venduto? 
Lo prendo! 
Sì, lo prendo. 
Ma dentro di me si è già creato un disturbo: magari il buon senso? 
Lo porto a casa e i miei timori si rivelano fondati.
Stava così bene in quella vetrina; perché non sta bene per niente in casa mia, dove me l’ero immaginato? 
Lo tengo perché l’oggetto in fondo mi piace, ma in questo momento si è rivelato un acquisto inutile.
Vederlo in vetrina mi ha creato il desiderio, ma una volta comprato mi ha lasciato delusione, disappunto e anche del vuoto.
Un’esperienza che mi ha fatto riflettere.

Rosanna

 

Cara Rita

Cara Rita, so che tu sei contenta se mi vedi scrivere una lettera su di te, perché sei la "prof".
Non sei "una prof", ma sei "la prof". 
Almeno, io ti ho sempre vista così, nell’insegnare, nello spiegare, come se questo tuo mestiere fosse diventato il tuo abito abituale. 
I tuoi vasetti lì sul davanzale della casa paterna sono fioriti di giallo ed io li annaffio o meglio, li ho innaffiati e concimati pure, perché potessero esprimere ora la loro massima bellezza, come tu li avresti voluti, anche se da te solo messi a dimora e poi lasciati lì al buon cuore degli altri. 
Quando sono lì davanti con la mia bottiglia piena d’acqua, io ti sento presente perché tu sei lì, perché devi essere lì nella casa di mamma e papà, nei tuoi posti più cari. 
A volte di botto guardo verso il cortile: la voce, sento la voce, ma non c’è nessuno o almeno è quello che io vedo che non c’è, ma credo fermamente che ci sia e ci sarà sempre.
Spero che non ti dispiaccia troppo di essere venuta così poco lì con noi. 
Se ci sarà un’altra occasione, buttati di più nelle cose più care, perché vedi come la vita è breve. 
Quando sarò in pensione verrò a curare un po’ il giardino…..”.
Perché rimandare a domani quel poco, anche solo poco, che si può fare oggi? 
Noi crediamo di essere immortali e facciamo programmi e rimandiamo le cose fattibili ora al futuro, come se il tempo fosse solo nostro e non è così, non è stato così, è sfuggito via in un attimo. 
A volte penso che non ci sei perché sei a casa e ci sei ancora, che tutto questo dolore sia un sogno brutto da dimenticare. 
Poi c’è la messa del mese e ti fa tornare alla realtà, si piange: allora è vero, non c’è più, ma che cosa non c’è più, che cosa? 
Non c’è più quel corpo che vedevamo, quello in cui ci identifichiamo, quello che tocchiamo e che abbracciamo o respingiamo con rabbia a volte, quel corpo che, martirizzato, ci crea dolori e paure e che a volte è la nostra prigione. 
Il resto, quello eterno ed importante per te, c’è, anche se non lo vediamo, altrimenti come farei a sentirti quando bagno i tuoi fiori? 
Come loro si fiorisce e si sfiorisce nello stesso tempo, tanto breve, anche se a volte ci pare non passi mai, ma tanto breve in quel soffio di vita che abbiamo. 
Lo so che il mio italiano nello scrivere con il cuore sarà un po’ zoppicante e mi farai tante correzioni con la penna rossa, ma quello che provo dentro non è sgrammaticato, ma sincero e genuino nel fluire e spero che tu lo legga. 
Ma penso ora ti sarà più facile leggere direttamente nel cuore e non sulle pagine di un quaderno. 
Buon cammino a te che te ne sei andata davvero troppo presto e ci hai lasciati con tanta amarezza. 
Quell’amore che i tuoi cari ti hanno dimostrato ti aiuti nel tuo cammino, perché è stato un dono grande e per nulla comune, specie oggi.

Gina

 

 

Povera di esperienza

Sollievo. 
Ben tornata. 
Ho ancora la testa che mi fa male, quante cose ci ho messo dentro in quest’ultimo periodo, quanti pensieri su cosa ho visto, quanti impatti per i miei occhi e quasi mai in grado di aggiungere una spiegazione mentre entravano, una spiegazione che bilanciasse l’impatto, perché mi entrasse meno forte e farlo diventare motivo di riflessione. 
Sono stati più forti i pensieri di paura, pensieri su ipotesi inutili, tutto fasullo, tutto fuori. 
E’ così facile dare il via ai pensieri, è così facile avvolgersi! 
E poi com’è difficile il ritorno! 
Difficile. 
Ho sempre bisogno di conferme. 
Per questo ho ancora la testa che mi fa male. 
Attaccata all’abitudine, a come ho sempre pensato, a come ho sempre agito: se l’oggetto si sposta non la prendo come un’esperienza nuova da vivere, qualcosa da conoscere. 
No. 
Non conosco questa cosa nuova, questa situazione. 
Non sono in grado di affrontarla, è un terreno sconosciuto, mi muovo male, sono diffidente, poco coraggiosa, poco curiosa, non rischio. 
Però vorrei anche non render conto a nessuno. 
Com’è difficile vivere un’esperienza se non c’è esperienza per quell’esperienza.
Sento anche la mia reticenza nel chiedere, per non voler sentire quel disagio di fronte alla sicurezza degli altri, di quelli che hanno imparato a stare al mondo sulla loro pelle.
Benvenuta in questa nuova esperienza, ora non posso più dire di non conoscerla, l’ho vissuta, la sto ancora vivendo e, in effetti, sto guardando con sollievo che non è poi così difficile, né insormontabile. 
La mia abitudine a vivere e a pensare dal mio piccolo mondo ristretto, mi fa vedere ostacoli ovunque, brava a creare ostacoli dove non ce ne sono. 
Cosa mi resta ora, dopo il sollievo che sto provando?
L’impegno di portare avanti per me questa esperienza, rendere conto a me, convincere me, andare avanti, agire, vedere i risultati. 
Libera con il mio obiettivo da raggiungere.

R. M.

 

 

E G O
Centro Culturale di Ricerca Filosofica

via Reano 1/bis - 10141  Torino
tel. e fax +39 011 3853793 
e-mail  ego@egofilosofia.it 

- Ego ©2002-13

torna alla home page

sali ad inizio pagina