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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 2  anno 14° - Ottobre-Novembre 2015

PAGINA 4

   "Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto"    
Seneca

 

Io pigra sfegatata
Scritto di una mamma che oggi comprende
quanto sia importante il buon esempio

Pigrizia. C’è già Pigrizia nel guardare la Pigrizia. Già solo a pronunciare la parola Pigrizia si sente qualcosa di raggrinzito, di arido. Ed è ciò che si diventa se si rimane a lungo nella pigrizia. Perché ti avvizzisce, ti disidrata, ti prosciuga la linfa. E non te ne accorgi. Ti avvolge, e non te ne accorgi, ti ferma, ti chiude, genera paura, costruisce paura su un’insicurezza già latente: paura di fare, paura di affrontare, di mettersi in gioco, paura di misurarsi, di scoprire in noi dei limiti che abbiamo già deciso di avere. Tutto diventa alibi per non fare, per rinunciare... per accontentarci. Finisce per prenderla sotto gamba, come fosse un male minore, proprio lei che è uno dei grandi condizionamenti dell’essere umano, uno dei più vecchi, non per niente l’hanno messa tra i sette Vizi Capitali, col nome antico di Accidia.
La Pigrizia non permette l’esperienza, te la vuole impedire perché se fai esperienza tu cominci a vivere e lei comincia a morire. Lei vive e cresce impastandoti di noia e di abitudine, lasciandoti comporre un’apparenza di normalità che ti quieta, ma dentro di te covi un malessere infinito.
Già si stenta ad ammetterla a noi stessi, infatti non si nomina volentieri la Pigrizia, preferisci definirti “insoddisfatto”, “demotivato” e magari anche un po’ “sfigato”, aspettando sempre una mano da fuori, aspettando che magari un giorno, chissà quando, succeda qualcosa e tu stai lì ad aspettare con le braccia conserte.
Io, pigra sfegatata, abilissima nel rinunciare alle opportunità perché il solo pensiero di mettermi in gioco già mi da la tremarella, Io, abilissima nel rimandare a domani... grazie a questo mio lavoro interiore, ho scoperto l’importanza dell’Oggi, del mio tempo presente, ho imparato ad osservarmi, che è con me stessa che devo parlare, che sono io la mia opportunità per agire, che ho tutto per potercela fare. Già solo questo mi fa sentire pronta in prima linea!
Il distacco dalla mia Pigrizia è avvenuto adagio, in modo del tutto indolore, quasi non me ne sono accorta. Non è stato un addio, ci vediamo ancora ogni tanto, per abitudine, ma ormai è lei che non sta più bene con me, ha visto che man mano che rivolgevo l’attenzione su di me, man mano che scoprivo me, mi veniva naturale fare, man mano che scoprivo un po’ d’amore, qualcosa dentro di me mi spingeva a fare. Non avrei mai pensato di arrivare a provare questo amore per il fare e per il ben fatto, esperienza impagabile! Non avrei mai pensato di arrivare a provare questo amore per me: ecco cosa mi spinge a realizzare ciò che penso e che sento, da dentro mi nasce la spinta.

.....

Infine penso che, con la mia Pigrizia e il mio poco coraggio non sono stata un buon esempio per mia figlia.
Noi genitori dovremmo riflettere di più su ciò che offriamo ai nostri figli con il nostro esempio. Di qualsiasi cosa si tratti. Non è bello assistere al dolore di un figlio che, diventato adulto, fatica a liberarsi da un disagio assorbito per anni in famiglia, per un nostro lungo, persistente, cattivo esempio.

Rosannina

 

 

Gli occhi guardano,
la memoria ricorda

Ho riguardato quella foto decine di volte, l’ho nel telefonino e nel computer, la foto di un minatore nudo che spinge il carrello pieno di materiali, nella galleria, sotto terra. Me l’ha inviata un amico, così, ma lui non sa e non potrà mai sapere esattamente cosa ha scatenato in me quella foto. Lui non era figlio di un minatore, come me, ma è cresciuto nel mio stesso paese, con noi bambini figli di minatori, di cui conosceva perfettamente le vite, le storie, le paure, le povertà, perché suo padre aveva la bottega alimentare e molto spesso vendeva gli alimenti a libretto, come si diceva allora. Conti che venivano saldati, spesso solo in parte, quando arrivava la paga del minatore. Ed io, oggi, guardando e riguardando quella foto ho sentito e sento il mio cuore stringersi. Mio padre mi raccontava che spesso lavoravano nudi, tanto era il caldo e l’umido nella miniera, là, sotto terra, ma non riuscivo assolutamente ad immaginarmi, allora, come fosse. Lui mi raccontava e parlava quasi esclusivamente della guerra e della miniera, per ore, ed io nel tempo ero diventata insofferente e non volevo più sentirne parlare. Ma oggi, oggi che tanti anni sono passati, oggi che comprendo meglio tante cose della mia vita, della sua vita, della vita di mia madre, della nostra famiglia, guardando quella foto ho ripensato a lui, a lui che faceva quel durissimo e disumano lavoro, sotto terra, per anni e anni. E mi sono vergognata della mia insofferenza giovanile, dei miei problemi, paragonandoli ai suoi di minatore, alle sue paure di non uscire vivo dalle gallerie, lavorando spesso nudo per il troppo caldo e umido. Oggi ho il rimpianto di non averlo ascoltato allora ed oggi non posso più dirgli “babbo raccontami, oggi ti posso ascoltare” lui non c’è più, se l’è portato via anni fa la malattia dei minatori, la silicosi. Da quei tempi, da queste storie io provengo. 
Oggi ho il mio presente senza dimenticare il passato, ma con il dovere profondo di continuare a vedere e comprendere.

C. G.

 

 

Il mio punto di vista
Lo spostiamo su ogni punto di vista della vita 

Il mio punto di vista. Tutta una vita attorno a questo e a questo soltanto.
Abbarbicata a questo e a questo soltanto.
Dura di comprendonio. Come si fa a non esserlo se stai ferma lì e non vai oltre?
Il mio punto di vista. E’ solo un punto. Uno solo.
Poco in effetti. Misero. Poco amorevole. Arido. Ti fa essere poco umana, egoista e poco incline a capire l’altro.
Non aiuta. Ma devi sguazzare lì dentro un bel po’ prima di poter anche solo considerare che non c’è solo il tuo punto di vista.
Non puoi vedere bene. E’ solo un punto di vista.
Ti perdi tutta la vita che ti aspetta al di là del tuo punto di vista.
Sentimento, apertura, aria fresca, leggerezza. 
Vicino, non lontano. Dentro, non fuori. Luce, non ombra. Leggerezza, non pesantezza. Cuore, non testa. Espressione, non chiusura. Amicizia, non distacco. Morbidezza, non durezza. Ringraziamento, non abitudine. Scoperta, non scontato.
Bellezza.

Stefy

 

 

“Viaggio” nell’Invidia
Nove giorni di invidia? 
Sono sette, perché due sono per il viaggio

Quando ho visto Barbara in ufficio abbronzata e riposata ma soprattutto raggiante ho provato un’invidia tale che mi ha smorzato il sorriso.
Lei che era appena arrivata da un soggiorno di nove giorni alle Maldive.
A sentire il suo racconto del viaggio l’arcipelago è un paradiso terrestre, nelle sue calde acque ci sono pesci di ogni colore. Lei, poi fa immersioni, è come mettere la testa in un acquario. Poi si è soffermata a descrivere i tramonti sdraiata su un bel lettino… Ben nove tramonti si è goduta!
E pensare che anch’io ho fatto dei bei viaggi nelle isole paradisiache ma me li sono gustati poco! Ho ricordi sfumati, certe emozioni, sensazioni mi sarebbero rimaste dentro.
Li ho vissuti con abitudine, ho perso delle belle occasioni.

Marisa

 

 

Guardare gli altri

Guardare gli altri ti fa stare ferma lì a guardare e a perdere tempo e a perdere di vista i tuoi obiettivi.
L’invidia ti fa fare casini, l’invidia ti fa andare in confusione, ti fa sbagliare, ti fa arrabbiare, ti fa comportare male, non ti fa vedere, non ti fa rispettare, non ti fa comprendere, non ti fa vedere le cose semplici.
Ti annebbia la strada, non ti fa ragionare.
Ho visto che mi stavo giudicando, ma ho anche visto che era un alibi per non guardarla.

Stefania

 

 

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