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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 2  anno 16° - Aprile 2017

PAGINA 6

   "Non è felice chi non pensa di esserlo"    
Publilio Siro

I miei pensieri

Mi sono appena svegliata, non ho ancora aperto gli occhi per vedere che ora è, e loro sono lì pronti davanti ai miei occhi, i miei pensieri. 
Il fare, il dover fare, pronti, uno accanto all’altro, come soldatini pronti alla battaglia nella mia testa. 
Uffa, lasciatemi in pace, vorrei dormire ancora un po’, sicuramente è molto presto, no, loro non ascoltano e danzano rumorosamente nella mia testa. Li vorrei cacciare via, riaddormentarmi almeno per un po’, non so neppure che ora è, andatevene via. 
No, stanno lì davanti ai miei occhi ancora chiusi, quello, quell’altro ancora e quello pure.
Tutti urgenti, invasivi, maleducati. Non è che prima ti mandano un sms, no, non bussano nemmeno, grandi cafoni, grandi maleducati. Non fanno niente di tutto ciò, sono lì, freschi, pronti, spingenti, loro, ed io sono ancora stanca e loro mi stancano ancora di più con il loro volteggiare nella mia testa. 
Mai che siano belli, no, sono preoccupazioni, problemi. Mai che siano belli, no, quelli non vengono mai prima che apri gli occhi. 
E va bene, visto che non riesco più a riaddormentarmi, è inutile, loro sono più forti di me, mi alzo dal letto, ma con fatica, accendo la luce, guardo la sveglia, è molto presto, pazienza, intanto non riesco più a riaddormentarmi. 
Poggio i piedi per terra, infilo le pantofole e trascino i piedi, le gambe e tutta me stessa come se avessi cento pesi sul corpo. 
E va bene, inizio a prepararmi, però prima mi lavo, faccio colazione, e no, senza colazione non faccio proprio niente, e poi via a fare. E mentre faccio per risolvere almeno presto il più urgente, mi accorgo che già il fare mi fa sentire meno stanca del pensare di dover fare, e piano piano la stanchezza diminuisce. 
Certo nel fare c’è più tempo, il pensiero è più veloce, il fare non ha la stessa velocità del pensare, e se la realizzazione non dipende tutta da te ma anche da altri, il tempo diventa più lungo, ma il fare è iniziato e vado avanti. 
E poi avanti con l’altro pensiero, pronto in agguato, e no, non è stato tranquillo in attesa del suo turno, sta lì nella fila, spinge, vuole scavalcare subito il primo, quello che io ho scelto come primo, come più urgente. 
Ognuno vuole avere la precedenza, non esiste rotonda, non esiste semaforo rosso, non esiste alt, ognuno di loro vuole essere il primo, ma tocca a me decidere quale deve essere il primo, il secondo, il terzo. 
E no, altrimenti mi faccio schiacciare senza neanche rendermene conto e senza aver concluso niente, schiacciata da pensieri che vengono dal buio e invadono la mia mente. E no, vi affronto, ma uno alla volta, aspettate il vostro turno, altrimenti faccio solo pasticci, vado in confusione, perché ognuno di voi ha bisogno di un tempo e di un impegno diverso.
Oddio, parlo da sola con i miei pensieri. 

G. C.

 

 

Ricado nella mia abitudine.
Quanto è cocciuta l’abitudine

Ricado sempre lì, nella mia abitudine di ripetere il mio bisogno, lo so con la testa, ma mi accorgo che si ferma lì, nella testa. 
Ripetere a memoria, ripetere senza accorgermene mentre avviene, il mio bisogno che l’altra persona sia come io ho bisogno, mi dica quello di cui ho bisogno e che mi aspetto. E la realtà non è così, ed io ripeto il mio bisogno, ripeto la mia delusione, ripeto la mia frustrazione, ripetente, sono una ripetente. 
Anni e anni di ripetizione, cambia la persona, ma il mio bisogno si ripete, con chiunque proietto e poi sto male. 
Non è normale, a parole, ma dentro di me è una normale ripetizione, di cui mi rendo conto solo dopo, ma molto dopo, quando parlo con Carla del dolore, associato chiaramente a rabbia e ribellione, che provo quando l’altra persona non mi da, non mi dice quello che io mi aspetto. 
E’ sempre colpa dell’altra persona e solo dopo capisco che ho fatto, rifatto, ripetuto quello che sono, che conosco a memoria, ripetere il mio bisogno, la mia aspettativa, la mia delusione, la mia ribellione. 
Tutto dentro di me, con tutto il malessere che ne consegue. E’ assurdo farsi del male da soli. 
Solo dopo, quando ricostruisco tutti i passaggi avvenuti dentro di me e li rivedo, dopo, solo dopo tutto si stempera. 
Non so cosa mi ha detto esattamente Carla, ma ho visto, dopo, solo dopo, tutto questo movimento dentro di me. E di colpo mi è tornata in mente una vecchia grossa corda, ma molto grossa, che ho visto abbandonata nella vecchia tonnara di Carloforte, grossa, spessa, fatta di tanti fili spessi e grossi, intrecciati, che i pescatori usavano forse per attraccare le barche o per qualcos’altro, non lo so, sicuramente era uno strumento indispensabile per il loro lavoro, e rivedendo l’intreccio del mio bisogno, ho visto che ho fatto, costruito nel tempo una dolorosa corda di ripetizioni di abitudini. 
Ma questa mia corda io la voglio, la devo snodare, sfilacciare, perché mi imprigiona nella sofferenza, tutta mia. 

Vanna

 

 

Sentire consapevolezza
per la vita

Il pensiero mi stanca, ma mi stanca più il pensiero e non fare perché a pensare i problemi si ingigantiscono, diventano enormi e non risolvibili. 
In realtà tutto è risolvibile, tranne certi problemi di salute e la morte.
Eppure, pur sapendo tutto questo, perché in realtà lo sappiamo anche se ce ne dimentichiamo, continuiamo a preoccuparci per delle cavolate, e quanto ci preoccupiamo!
E mentre sono qua a star male per nulla mia cognata è in una camera isolata a lottare per la propria vita sperando e pregando che tutto vada bene, ed anche io sono qui a sperare e a pregare per lei. 
Eppure continuo a star male e ad agitarmi per delle cavolate, perdendo la vita

D. D.

 

 

L'incontro

Dimentichiamo di aver Dio dentro di noi, me l'ha detto Carla in un nostro ultimo incontro, quanto è vero! 
Lei lo percepisce immediatamente quando tu ti stai allontanando da lui, cioè da te stessa, il mio parlare non sempre profondo come una volta. 
Mi accorgo che a volte sono distante da me, guardo fuori e non dentro. 
Dentro ho tutto il mio mondo, quello che mi sono creata con sofferenze non sempre comprese che insistono nei miei comportamenti e si ripresentano nella mia memoria, che rimanda continuamente a comportamenti non ancora corretti, quando sono presente mi vedo chiaramente è come se fossi una che osserva e dice "di nuovo?", invidia trasformata e questa volta ha colpito ancora e dove? 
Proprio lì dove tutto è più profondo e sincero "gli scritti del gruppo", oh come vanno avanti, perché mi fermo, perché non ho più il contatto con me, perché guardo fuori?
Se non comprendo il perché, mi torneranno sempre alla memoria finché non si esaurisce il nastro e potrebbe essere lungo non so quanto, voglio dimezzare il tempo e ringraziarti per avermi nuovamente scoperta, superata la vergogna (è sottile come si insinua), più mi scopro e più mi metto a nudo e mi alleggerisco e meno spazio avrà per ricoprirmi.

Gene

 

 

Scorre veloce la vita

Mi accorgo che la vita passa velocemente, il tempo passato sembra solamente ieri, viviamo millesimi di secondi questa è la realtà del nostro vivere, è questo il tempo che lo rende veloce e nello stesso tempo lunghissimo.
Eppure di cose ne ho fatte, comprese, vissute non direi senza ferite, alcune si sono risanate con la comprensione.
Ho molto affetto per la persona che sono e mi voglio bene, sono cosciente che il corpo che ho è l'unico che mi permette di vivere questa vita e avendolo profondamente compreso, devo alimentare al massimo quel tempo che mi rimane, per lasciare meno spazio a ciò che potrei trasportarmi nella memoria.
Meno permalosità e meno invidia.

Gentile

 

 

Punto

Il mio punto fermo è: sono io o non sono io? 
Tutto quello che mi circonda è mio? 
E per me?
Punti continui, punti di sospensione, punti indefiniti, punti di incontro, punti di riferimento, punto e a capo, punto.
Sono un punto dove tutto avviene.

C. G.

 

 

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