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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 3 - anno 2° - Marzo 2004

PAGINA 5

"Voi non credete nell’impossibile?
Non credete che ci sia qualcosa d’impossibile?
Allora vuol dire che voi non avete mai letto un giornale!"
 Wellington

 

              Arte            

Umi Bedi: un'enfasi di creazione

Pittrice dal suggestivo candore, l'indiana Umi Bedi emerge per la sua interpretazione serena e spontanea del vero, liberando nello spazio forma e colore con grande naturalezza, e con una sensibilità in grado di dare forma alle cose che vivono in ognuno di noi. 
Le sue opere non parlano il linguaggio drammatico e talvolta angosciante della contemporaneità, ma quello felice e spensierato di un mondo che si pone al di fuori dell'attuale. 
Un universo che la pittrice ha saputo ritagliare a sua misura, che si esprime, con colori che assumono quasi una consistenza carnosa e vellutata, e con immagini che paiono voler raccontare la sua terra "a futura memoria". 
Una sorta di pittura lirica che scioglie il suo canto leggero, aereo, nell'ansa profumata di una natura 'addomesticata', ma non distrutta.
Rappresentazioni che pur nella loro adesione rigorosa alla figurazione, non corrono mai il pericolo di restare avulse dal tempo in cui viviamo.
Umi Bedi è, insomma, una pittrice capace di realizzare figure che sono immagini di vita e composizioni floreali raffinate, sorrette da un cromatismo prezioso che sottolinea ogni elemento e dove la luce predomina per rendere l'atmosfera adatta al tema. 

Elisa Bergamino
Critico d'arte


Umi e Ranga Bedi nella loro splendida casa di Bangalore.
Alle loro spalle le foto di Baba Bedi e la moglie, genitori di Gulli, Ranga e Kabir.

Le espressioni di Edoardo Marchisio
Con la filosofia scopre la creatività 

La differenza sostanziale tra una fotografia ed un quadro sta nel fatto che nel secondo il paesaggio viene interpretato dall'artista, il quale modifica i profili a proprio piacimento interpretativo, mentre l'istantanea riprende esattamente quello che gli occhi vedono, mantenendo inalterate le forme.
Nel 1200 andavano per la maggiore i pittori capaci di disegnare ciò che gli occhi vedevano, lasciando sulla tela quei colori decisamente verosimili, mescolati con sostanze segrete, capaci di rimanere inalterati nel tempo.
Questi artisti erano stati educati ad un disegno severo, ed erano abili nel riportare il drappeggio degli abiti, le forme anatomiche del soggetto, le ombre nelle svariate sfumature. Dopo Raffaello al dipinto si aggiunse la prospettiva che trionfò con Michelangelo, Leonardo, il Verrocchio, il Pisanello, il Perugino. Al piano geometrico euclideo venne aggiunta la proporzione, quindi la tridimensionalità, senza alterare il supporto del quadro che rimaneva quel che era, un piano solcato da ascisse ed ordinate.
Negli anni successivi, ed entriamo nel nostro secolo, i dipinti cambiarono aspetto. Al manierismo ed all'impressionismo, si giunse all'informale, al cubismo, a quell'astrattismo nel quale la sagoma del soggetto non ha più valore. Adesso, punto fondamentale dell'artista è raffigurare ciò che è nella sua essenza il soggetto che si dipinge. Scovare il suo io, scoprire la sua entità.
Rintracciare il suo carattere nascosto, non quello contemplativo.
E vizi, virtù, capacità, intuizioni rimangono sulla tela con intenti quasi subliminali, ma non tanto da sfuggire all'osservatore.
Questa premessa è importante per capire le opere di Edoardo Marchisio, valido artista di Savigliano, dove vive e lavora, la cui arte è basata sul concepimento dell'energia, quella forza misteriosa ed intrigante che unisce la natura e la spinge in una continua evoluzione.
Marchisio ci mostra la materia nel suo essere interiore, ed usa i colori come grida dell'anima, prossima a condurre continue conquiste, percorrendo i sentieri dell'emozione nella metamorfosi della vita. Colori, ombre, informalità. Chiasmi di luce su espressioni squamate.
Neppure gli strumenti della composizione sono tradizionali, ed a volte Marchisio si abbandona ad usare le dita, convinto che siano le migliori sonde della percezione. 
Le opere di Marchisio bisogna guardarle con attenzione, osservarle con serena disposizione, non cercare una immediata interpretazione, ma dare tempo agli occhi che si sintonizzino con la nostra interiorità ed abbiano raggiunto la frequenza giusta per trasmettere quelle stesse emozioni che hanno guidato l'artista nel rubare alla natura la sua misteriosa essenza.

A. V.

 

 

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