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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica

Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 1 - anno 13° - Marzo 2014

PAGINA 5

   "In tanti calunniano il nemico senza timore.    
Sanno che qualcosa rimarrà attaccato"

Plutarco

Dal ginecologo

Sono stata per una visita nel loro ambulatorio. Ginecologo lui, ginecologa lei. Avevo prenotato da lei, la moglie. 
Lui era nell’altra camera, di là. Se la rideva con una paziente, dalla voce acuta e vivace. Lui se la rideva, e non la finiva più. Mi sono chiesta se anche lei, la moglie, che stava al di qua, con me, soffriva come avrei patito io se fossi stata al suo posto.
Vedo quanto male si può fare quando si vuol piacere a tutti i costi. 
“Segui il tuo bisogno e chi se ne frega dell’altro”. Ci sei tu e basta.
Stesso episodio l’altro giorno al bar con Paolo. Lui voleva piacere alla cameriera, giovane e carina.
Lei, ignara del tipo di rapporto fra me e lui, aveva un’aria soddisfatta, specialmente quando mi sono allontanata salutando. Mi ha sorriso in un modo singolare, come se avesse voluto dirmi: ”Vedi? Lui rimane ancora qui. Qui, a chiacchierare con me.”
Oggi mi è davvero chiaro che questi sono giochi sporchi dell’apparato. Una teatralità gratuita di esibizionismo scortese nei confronti di chi ti è accanto.
Questi atteggiamenti li conosco bene, perché in passato ho partecipato anch’io a tali ostentazioni.
Oggi ne provo amara delusione e riluttanza. So perfettamente che tutto ciò ha un valore, esoso, da pagare. Da saldare, a caro prezzo. 
Ho avuto anche l’ennesima conferma che se non si fa nulla seriamente per cambiare, si rimane dove sei, sino alla fine della tua esistenza. 

Magda

 

E' arrivata la luce

Ora che mi è più chiaro come la paura si era totalmente impossessata di me, mandandomi nel buio, nella confusione, ora che ho visto come io le ho permesso tutto questo annullandomi completamente, diventando una sua dipendente, ora che ho visto come mi sono fatta avviluppare, ora mi è venuta all’improvviso un’immagine, un disegno che era in un libro di scuola, all’improvviso, e ce l’ho qui davanti ai miei occhi, era il disegno della semina, il contadino sorridente che lanciava i semi di grano dalla sua sacca a tracolla sui solchi del terreno arato. Era proprio bella quell’immagine!
Ed ora, pensando alla mia paura, vedo come la paura ha trovato campo libero dentro di me, quanti semi brutti sono entrati dentro di me, e si sono attecchiti e sviluppati in poco tempo. Sono bastate poche telefonate, ma tutte con brutte notizie ed io le ho assorbite, moltiplicate, ingigantite, trasformate in mille altre paure, facendole crescere, sviluppare dentro di me come fanno le erbacce quando invadono i campi abbandonati, non curati dall’uomo, che non ama la sua terra. Ed ho visto come io non amando me, non proteggendo me, io, tutto io, perché è chiaro che ho fatto tutto io, ho permesso agli impatti che ricevevo di occupare, di invadere i miei spazi, di annebbiarmi, moltiplicandoli pure dentro di me. Ma solo ora ne sono cosciente e solo ora posso vedere il buio, la confusione, l’annebbiamento in cui mi ero calata, tutto da sola, senza amore.

Gianna

 

Entrare nella vita

Aprire gli occhi, respirare e muovermi.
Uscire dalla caverna. Smantellare le mura, spesse e pesanti.
Respirare aria nuova, conoscere e vivere.
Essere presente a me stessa, riconoscermi, la vera vita fuori da lì, quello che posso fare. Alla luce. Fuori dall’ombra, fuori dal torpore. Entrare nella vita. Sentire. Darmi ascolto. Seguire il mio fluire, incontro a me, fuori dall’ombra, l’ombra che ti occulta la vista, che ti occulta l’azione, che ti impedisce di scoprire.
Il mondo va a rotoli e io mi sento più viva. Strano. 
Oltre il blocco, oltre il non conosciuto, oltre la staticità, oltre la solitudine, oltre la pesantezza.
Rispetto, sensazione di giustizia, giustizia per me, verso chi mi disturba, diritto a rispettarmi.
Dipenda da come ti poni. Come ti poni è il tuo pensiero di te, che hai costruito negli anni, mattoncino dopo mattoncino e poi diventa una porta, sempre più spessa. E tu vai sempre più indietro, fino a quando ti ritrovi lì rinchiusa, in un cantuccio, e non vedi oltre.
La porta la chiudi, ma la puoi aprire se vedi oltre, oltre le tue idee, così forti e consolidate, che diventano cemento armato e tu vai sempre più indietro.
Sto vedendo tutto questo al di là della porta, che ho aperto. Sì, l’ho aperta!
Passaggio. Ho le gambe, non sono un’ameba senza spina dorsale. Sono una persona.
Ho diritto di uscire da quella porta e vado avanti e scopro. Scopro la vita al di là di quella maledetta porta.
Solo io la posso aprire. E cammino con le mie gambe. Il mio essere in movimento.
Il movimento mi avvicina, il movimento mi fa vivere, mi dà una collocazione nel mondo.

Stefania

 

 

Il mio bisogno di riconoscimento

Guardo troppo gli altri. Adesso vedo che comincio a stancarmi di questo poco rispetto che ho per me stessa. Ma non ho ancora molto chiaro il motivo che mi spinge a dire sempre di sì, anche per non deludere l’altro. E così vado contro me stessa. Prometto cose che sul momento penso di riuscire a fare, ma poi sento che il fisico non mi accompagna più come una volta. O forse in cuor mio comincio ad avere rifiuto per questo condizionamento. Condizionamenti, abitudini, cosa penso io che possa pensare l’altro, le aspettative dell’altro su di me e io che non voglio deluderlo, chiunque esso sia. 
E’ proprio una mia deformazione della realtà, del rispetto per me. Dove posso, dove non mi creo problema va bene, ma quando sento già all’inizio una sensazione di peso e prometto lo stesso, ho capito che è da pazzi e, per la prima volta, senza crearmi sensi di colpa, ho dato inizio a un “No, mi dispiace, non ce la faccio”. 
E mi sono sentita più libera da me stessa, da quella parte di me che voleva favorire gli altri a scapito mio. Sì, un briciolo di dispiacere per dire "No" lo sento ancora, ma è più forte la mia salvezza (anche fisica).
Bisogno di gratificazione, quel senso di riconoscenza che mi sembrava di sentire nell’altro, tutto questo mi ha sempre nutrito. Un bisogno talmente forte che non si è mai fermato neanche quando sono stata usata.
Beh, comincio a rendermi conto che tutta questa gratificazione che volevo dagli altri era perché non conoscevo la mia. 
Ora mi fa sempre piacere quando gli altri sono contenti di me, ma, dopo tutta una vita passata così solo rivolta al fuori in cerca di riconoscimento, per la prima volta ho sentito dentro una correzione: “Io” sono contenta di me, questo è importante, ora sono Io che mi riconosco.

Rosanna

 

Lapo: "Tu puoi"

Lapo spiega un suo libro e dice: ''Non c'è presunzione. E' un libro ironico. Nella vita bisogna sapersi prendere in giro e avere umorismo. L'umorismo è un'arma e un punto di forza. Senza ironia ci si fa male, le poltrone come i successi se uno non ha una certa ironia e una certa disciplina possono diventare sconfitte. Nella vita uno deve ricordarsi che nulla è eterno e bisogna saperlo affrontare con un sorriso e non con un broncio''. 
Ma saranno i tempi giusti per l'ironia e la creatività in un libro dal titolo così 'ambizioso'? Lapo non ha dubbi e, quasi invocando la 'creatività al potere', si lancia in un tributo per il suo Paese, l'Italia: ''Adoro il mio Paese'' dice, e spiega: ''La creatività è l'arma e il punto di forza del nostro Paese, l'arma e il punto di forza delle squadre con le quali lavoro ogni giorno. Ed è l'arma e il punto di forza secondo me che noi italiani abbiamo. E' l'area sulla quale ho puntato da 10 anni a questa parte nella mia vita professionale. E non voglio porre limiti perché credo che il nostro Paese ha la fortuna di poterseli non porre e a volte se li pone quando potrebbe non farlo''. Così, ha voluto una bandiera italiana all'ingresso, all'interno della galleria londinese che ospita l'evento. 
Ma di politica, degli umori del Paese non vuole parlare, ''Parlo di quello che sento rispetto a questo libro e nell'ambito creativo e professionale: io come altri in Italia abbiamo la possibilità di poter sviluppare e creare cose di altissimo livello e grandissima qualità da un punto di vista creativo, artistico, imprenditoriale. Quello che mi sento di dire è 'If you want you can'. Perché non ci sono limiti se si lavora con le persone giuste. E non lo dico perché sono nato con dei mezzi, ma perché credo che la più grande libertà non è il conto in banca, ma è la creatività, è la fantasia, e quello che se ne fa, cosa ci si costruisce. Quello che conta è metterla sui binari e portarla a diventare sostanza''. 
E cita Italian Independent Group di cui è presidente e fondatore ''Che abbiamo quotato in Italia qualche mese fa''. 
Ma anche Independent Ideas, Lapo's Wardrobe (con Gucci), Ferrari Tailor Made: ''Tanti lavori in cui facciamo uscire l'eccellenza di quello che l'Italia è e l'Italia sa fare''. E allora no, categorico: ''Di parlare male dell'Italia non ci penso nemmeno. Semmai io dell'Italia ne parlo bene, particolarmente all'estero''. E la tappa londinese di 'The Italian’, garantisce, è solo l'inizio".

Testo tratto da velina Ansa

Marisa Casetta

 

L'importanza della vita

Mai come in questo periodo mi sono resa conto di quanto la morte sia presente in mezzo a noi. Quasi non c’è giorno in cui notizie di una malattia o di un lutto non mi riportino al pensiero della sofferenza e della morte. In questi momenti è facile cadere nella paura, nella sua rete tesa per bloccarci nel nostro vivere: la paura della morte, qualcosa che non si conosce. Però ieri Carla ci ha detto una cosa grande che mi ha riportata a me: “Invece di voler capire la morte dovremmo capire la vita”. 
Capire la vita, il suo perché, ciò che siamo ora, cosa ci portiamo in memoria e ciò che ci porteremo di là tale e quale, di non compreso, di non risolto, se non facciamo della vita una grande opportunità per cambiare, per migliorarci. E “perché” abbiamo degli impedimenti a comprendere. Quali impedimenti mi creo da sola! Con il mio giudizio prima di tutto, che mi frena nel coraggio a guardarmi dentro, che mi fa scappare da me stessa, un’abitudine radicata nel tempo che continua ad appesantire questa memoria che sto cercando di alleggerire. E la paura della morte la sento legata a questa memoria da pulire, tanto è vero che più pulisco e meno paura ho. Questo l’ho notato da poco. 
In passato ci sono stati momenti di sofferenza intensa in cui la morte l’ho anche invocata (adagio però, era più per far pena a me stessa), adesso invece penso che mi dispiacerebbe “proprio tanto” dovermene andare! 
Mica per niente, è che ore mi piace proprio vivere, ho capito che la vita è importante, che non devo sprecare nulla del tempo presente. Ogni giorno c’è qualcosa da vivere e da capire per stare meglio.
L’altro ieri era una giornata così brutta che tempo fa sarei caduta in depressione, con un cielo così cupo e una cappa pesante, eppure ho voluto camminare per le vie e godevo di esserci perché sapevo che il sole c’era oltre le nubi, era una certezza e questo mi faceva stare nella commozione. 
Pensavo alla vita, non mi sfiorava neppure il pensiero della morte. 
Perché la morte è un pensiero a cui solitamente si abbina la parola Fine, ma prima c’è un “durante la vita” e a me sembra di averla appena cominciata, ora mi sento veramente nella vita e per questo ringrazio prima Carla e poi Dio che ce l’ha mandata.

Rosanna

 

Raggirata

Durante i saldi ho comprato tre paia di leggins in un negozio di grido, a Torino. 
Arrivata a casa ho controllato lo scontrino, ed ho notato di aver pagato un paio di collant da bambina, che non ho preso… 
Mi sono sentita fregata, raggirata! Sono solo 1,70 €. 
Briciole che non mi cambiano la vita. 
Ma mi sento turlupinata, plagiata, abbindolata, presa in giro, imbrogliata, truffata, frodata e mi gira l’anima! 
Vorrei tornare sui miei passi e fare irruzione in quel negozio che troneggia sulle prime pagine dei quotidiani. 
Mi frena il fatto che non posso sapere se è stato un errore di battitura da parte della commessa, errore senza malafede. Quello che mi consola è pensare alla memoria. Non la mia, la sua. 
Se mi ha fregata di proposito, questo ricordo resta nella sua memoria e ci penserà lei a presentargli il conto. 
Che mi resta di fare? 
Non pensarci più, e mi vinco il nervoso, magari con un sorriso :)

Caterina

 

 

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