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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

N° 2  anno 18° - Luglio 2019

PAGINA 4

   "Se non ti perdi, non trovi strade nuove"    
Fabio Volo

mentire

Mentire a me stessa

Quando c’è una cosa che mi fa male (e questo riguarda i sentimenti) non la voglio vedere, la rifiuto, preferisco credere a una cosa che non c’è, che mi costruisco io, credendo a quella parte di me che vuole vivere e vuole vedere nell’altro ciò di cui ha bisogno. Neanche i segnali voglio vedere, sto male e basta, un tirare avanti portandomi dietro un peso che non guardo perché neanche quello voglio vedere.
Carla mi sta aiutando a capire cosa significa “mentire a se stessi”. Mentire a me stessa fa più male della cosa che non voglio vedere, perché vado contro di me e non me ne accorgo.
Ma perché uno deve stare così male per non avere il coraggio di guardare la verità? Di guardarla in faccia. Si sta male, SI’! 
Io sto male in questo momento, però c’è anche dentro di me qualcosa che mi dice di andare oltre.
Penso che anche io in qualche modo, giusto o sbagliato che sia, posso rappresentare per l’altra persona una delusione che gli fa male.
Ecco perché mentire a me stessa pur di portare avanti il mio sogno-bisogno che non ha niente a che fare con la verità, non è utile a nessuno.
Meglio parlare, chiaro ma col cuore, basta che ce lo metta uno dei due, tanto lui è una calamita.
Per ora sono ancora nella prima fase: parlare con me stessa, dirmi la verità, quella che è, non quella che ho voluto vedere finora.
Ho qualcosa di grosso da comprendere e, conoscendomi, farò magari di nuovo qualche passo indietro perché il mio bisogno del sogno è ancora troppo forte, ma so che la mia è una costruzione mattone su mattone…e poi abbiamo Carla accanto che ci aiuta ogni volta a collocare i mattoncini al posto giusto, ognuno col proprio lavoro, siamo proprio una bella squadra!

Rosanna

 

 

La filosofia salva l'uomo

A volte ho la sensazione che il tempo stia rallentando altre che va troppo veloce, il mio tempo. Quando viene la paura, l’insicurezza, va veloce e mi sfugge di mano non riesco a ragionare, non sono presente, avvolto da una nube creata da me. Altre volte vedi i cambiamenti dentro di te, vedi che arriva la razionalità il ragionamento la calma, ecco che il tempo, il mio tempo appunto, mi dà la sensazione di rallentare come una linea tracciata in un foglio piegato a metà. Mi dà anche una certa serenità. Tempo che impiego nel modo giusto o sbagliato, dipende forse dall’umore.

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Stanza buia senza luce, fuori c’è il solo. Ma io sono dentro il buio perché sono abituato così. Come una guerra che devo combattere, una guerra che non ha vincitori e vinti. Una guerra che ho creato dentro di me, ma i nemici non sono fuori ma dentro di me. La corazza che ho creato, che la devo portare con me o sopra di me. Come un guerriero spartano che mi sono immedesimato. Perché è la via facile quella che voglio vedere meglio. Non come i filosofi greci loro non avevano nessuna guerra da combattere, si sono guardati dentro e basta. Carla dice sempre che dobbiamo immedesimarsi con loro. 
Quindi è ora di togliere la corazza, e vedere dentro di me la pace.

Christos

 

 

Un altro passo verso di me

Un punto che mi tocca nel profondo.
Un disagio che fa parte di me, che mi crea problema. Lo vedo. Mi accompagna da sempre. E mi riporta lì.
Mi tocca un punto doloroso che mi commuove. 
Ti pervade e ti possiede e non ti fa vedere l’assurdità, ti fa vedere difficile qualcosa che non lo è, ti carica male e ti fa partire prevenuta e ti rovinerebbe il lavoro.
Parlare con te mi ha alleggerito il carico di questo pensiero, mi ha fatto fare un passo indietro e vedere la cosa più circoscritta, mentre prima era solo quello, incosciente di vivere tutto questo.
Chiusa senza rendermene conto. Vittima di questa chiusura, senza appello.
Ora lo vedo. Parlare con te mi ha chiarito di più quanto esprimiamo fuori di noi un problema, trovando un aggancio di causa, giustificandone così il malessere. E prolunghi l’agonia.
Stando sempre fuori. Ma il disagio è tuo con te. Non sei mai presente così.
E non puoi comunicare, perché finché sei lì, ragioni da lì. Non potrebbe essere diversamente.

Stefania

 

scagliola

La giusta curiosità

Ieri pomeriggio i miei decoratori hanno finito il loro lavoro, dopo cinque giorni d’intensa attività. Hanno lavorato con molto garbo e professionalità, portando nella mia casa una ventata di primavera, con la loro armonia, perfetta sintonia e con le loro chiacchiere allegre. Non ho mai avuto nella mia casa artigiani così bravi, è stata un’esperienza umana straordinaria, esistono ancora persone corrette, serie, buone e per giunta simpatiche e piene di entusiasmo per il lavoro che svolgono, nonostante la grande fatica fisica. Felici di lavorare e di ricevere telefonate per altri lavori da fare, oltre a quelli già programmati fino al mese di ottobre. Sono veramente contenta e soddisfatta per l’ottimo risultato raggiunto, migliore di ogni mia aspettativa, pensando alle precedenti esperienze. Stando con loro ho scoperto tante piccole cose sconosciute ma utilissime, stando con loro ho scoperto che la scagliola che hanno usato in grande quantità per stuccare le parti crepate dei soffitti e delle pareti non è la scagliola che io avevo ed ho nella memoria. Mi faceva uno strano effetto sentirli parlare della scagliola, tant’è che gli ho chiesto cosa fosse e come la usassero, perché quella parola, la scagliola, io l’ho solo ed esclusivamente conosciuta come cibo per i cardellini, di cui mio padre ne faceva grande uso per alimentare i suoi cardellini. Ho conosciuto molto bene quella dei cardellini e mi sono accorta che in tutti quei giorni ho fatto molta fatica ad accettare la parola scagliola associata a quella per i muri. Ed ogni volta che i decoratori pronunciavano la parola scagliola, io in automatico pensavo solo ai cardellini di mio padre. Così ho scoperto che un’unica parola, la scagliola, si riferisce a due cose completamente diverse, a due elementi completamente diversi, uno è l’alimento per i cardellini e l’altro è un miscuglio di materiali per stuccare i muri crepati. L’ho detto a loro, ma ho visto che mi guardavano in modo strano pensando che mi sbagliassi, che mi confondessi con qualcos’altro di simile, non certamente con lo stesso nome. 
Ad un certo punto mi è venuto il dubbio di ricordare male, allora sono andata su internet e ho fatto una ricerca e ho avuto la conferma, principalmente per me stessa, che ricordavo bene, esiste veramente ed è ancora usata la scagliola alimento per i cardellini, di cui per giunta sono molto ghiotti, come ben sapeva allora mio padre. Ho capito che i decoratori non potevano capirmi perché loro conoscono solo la scagliola per i muri e non hanno l’esperienza dei cardellini. 
Questa storia sulla parola scagliola è stata una bella esperienza per me ed un’occasione in più per vedere nella realtà quotidiana quello che Carla ci dice da anni, che ognuno pensa, parla, agisce in base alla propria memoria, alla propria esperienza, come io ne ho una e i decoratori ne hanno un’altra. 
A dirla tutta, ancora stamattina, nonostante abbia visto i sacchi di scagliola per i muri, nonostante abbia visto come i decoratori la miscelavano con l’acqua e come la fissavano sui soffitti e sulle pareti, faccio sinceramente ancora fatica ad accettare che quella miscela per i muri abbia lo stesso nome della miscela di semini vari e speciali, alimento dei cardellini di mio padre. 

G. G.

 

 

 

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