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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis
- 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
N° 3 anno 19° -
Dicembre
2020 - Gennaio 2021

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PAGINA 3

"Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già
creata"
Albert Einstein
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La tecnologia non ha
in sé
"la coscienza"
Qualunque cosa devo fare e che riguarda gli uffici mi ritrovo come davanti a dei cancelli di ferro, di maglia di ferro, sbarrati, virtuali, ma sempre cancelli, tecnologici, che non si aprono se non sai usare la tecnologia per accedere ai servizi che ti servono, con cui non puoi più entrare in contatto, primo se non hai un computer o uno smartphone, secondo se non lo sai usare, terzo se non capisci quella mente diabolica che ha inventato i programmi di accesso e di uso.
Ti dicono basta un clic, si, un clic del diavolo, il problema è come arrivare a quel clic, come superare quei diabolici labirinti per arrivare a sapere quello che ti interessa, per avere almeno un appuntamento.
Prima bastava una telefonata, poi bastava seguire per telefono le istruzioni, premi uno, premi due, premi tre ecc. ecc.
Ora no, devi cercare di aprire i cancelli e di attraversare i labirinti virtuali per arrivare a sapere quello che ti interessa.
Secondo me, è un altro modo per isolarci ancora di più.
Non basta la pandemia per tenerci chiusi in casa, non basta la paura, non basta che non possiamo più stringere la mano di una persona per salutarla, non basta che non possiamo più abbracciare un’amica, una persona cara, non possiamo più starle vicino, bisogna stare lontano, molto lontano, non basta già tutto questo, no, ora anche tutti i rapporti con gli uffici vanno tenuti da lontano, attraverso due scatole di metallo, il computer e lo smartphone, e se non riesci, se non sei capace, se non sai come usarli, sei tagliato fuori.
Se poi, a mala pena, riesci a fare qualcosa, ti accorgi che sei dentro ad un labirinto infernale virtuale, fatto di password, di pin, di spid, di accessi collegati, di e-mail, inventati per tenerci lontani dagli uffici.
Dicono che è per la nostra sicurezza, così dicono, ma quale sicurezza, se poi non so come procedere in mezzo a quei labirinti di procedure, di passaggi, di blocchi.
Mi sembra, ogni volta, di entrare in quei videogiochi infernali in cui si combattono eserciti armati di tutto punto e che vedevo nei bar e con cui giocano molte persone, purtroppo, anche da casa.
Il tutto sempre attraverso un computer, se sbagli un colpo, sei sbattuto fuori, hai perso.
Ecco, poter entrare nei meccanismi tecnologici per accedere ad un ufficio, alla mia pratica o semplicemente per avere un appuntamento, mi sembra di entrare in un gioco di guerra dei video games.
Secondo me, chi ha inventato queste procedure labirintiche è uno che ha già fatto abbondante
esperienza con gli spaventosi giochi virtuali, chiamiamoli ancora così, giochi, per renderci tutto ancora più difficile, in cui non puoi più parlare a viva voce con un essere umano, ma devi comunicare solo attraverso una scatola di metallo che, nei momenti di ribellione, ti verrebbe voglia di spaccare.
Ma non puoi farlo, non devi farlo, perché questa è la realtà attuale, assurda, ma è la realtà con cui abbiamo a che fare e con cui dobbiamo avere a che fare il più velocemente possibile, per non essere buttati fuori.
Realtà che va contro ogni sistema di umanità.
G. C.

Difficoltà in me
Una vecchia canzone. Il pensiero vola al passato, a quel che avrei voluto fosse ma così non è stato. Non provo più rabbia solo rimpianti.
Ripenso ai miei errori ma anche a com'ero: sciocca, insoddisfatta, frustrata ed incredula.
Sì, incredula che non mi capissero, che non capissero i miei bisogni.
Così stavo li ferma ad aspettare consensi che non arrivavano.
La mia insoddisfazione cresceva ed anche il mio senso di inadeguatezza.
Non capivo e non accettavo critiche e consigli che, comunque prevenuta, non accettavo e non volevo sentire. Li ho sempre vissuti male come sgridate, di disapprovazione.
Vivere nella certezza di una confusione, di ignoranza della vita eppure con la presunzione di essere nel giusto, di non sbagliare.
Ignorante e presuntuosa senza una vera esperienza se non limitata alla cieca obbedienza, senza un pensiero veramente mio.
Una vecchia canzone mi ha riportato a com'ero: povera, misera e meschina dove non riuscivo a vedere più in là del mio naso ed a volte... nemmeno a quello.
Io sono sempre io, con i miei bagagli più o meno ingombranti ma molto meno pesanti.
Giò

Museruola ai sensi
Il virus ci ha raggelato, ci ha reso freddi e impotenti, altro che surriscaldamento del pianeta tanto decantato dagli scienziati, la terra si sta raffreddando!
Ha cambiato le mie abitudini, la mascherina, i guanti, la distanza di sicurezza, sono costretta a mettere la museruola ai miei sensi.
Non poter abbracciare, stringere la mano, baciare le persone a me care.
Ma non è umano e chissà ancora per quanto tempo.
Io che mi reputo una persona fredda, io che manifesto con difficoltà i miei sentimenti mi sento ancora di più bloccata in questo momento, ho la sensazione che raggeli i rapporti umani, che distanzi le persone e le renda tanto più cupe.
C’è rassegnazione ma per fortuna spesso mi vengono in mente le parole di Carla che mi incoraggiano a non lasciarmi sopraffare dal momento.
Marisa

Più consapevolezza
dei propri sensi
Ho vissuto tutta la vita con una patina agli occhi.
Non “vedevo” nulla, non scavavo, non mi accorgevo e non notavo negli altri e in me mai niente. Non mi facevo mai domande.
Solo i comportamenti più eclatanti, più evidenti, ma non sono mai andata al di là del mio naso. Praticamente una mummia imbalsamata per anni e anni, sarei stata bene in un museo.
Non avessi incontrato Carla non avrei cambiato di una virgola il mio modo di vedere, di sentire.
Quanto lavoro c’è dietro anche solo ad un piccolo cambiamento, un rinnovamento, una chiarezza, ma se nessuno ti guida è come una barca senza timoniere.
Le situazioni, prendere delle decisioni, ho sempre preso tutto con leggerezza, superficialità, non pensando alle conseguenze.
Chissà quanto male e quanto dolore ho procurato a me stessa e agli altri.
mi sento un po’ più consapevole, ma quanto è difficile non ledere mai gli altri e di andare dritta per la tua strada.
Quanto è difficile il non giudicare, anche quello ferisce ma non si “vede”.
Marisa

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