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Periodico di Informazione Culturale e di Ricerca Filosofica
Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis
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Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di
Torino n° 5671 del 13/02/2003 |
N° 1 anno 19° - Febbraio
2020
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PAGINA 8
"Tutto ciò che ci irrita negli altri può portarci a conoscere noi
stessi"
Carl Gustav Jung
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* Le
favole di Gianna *
LA BAMBINA E IL
PALLONCINO
C'era una volta e c'è ancora una bambina con i capelli neri neri che voleva diventare importante per sentirsi amata, per essere amata e coccolata.
Voleva volare in alto, sempre più in alto, per essere diversa da quello che era, diversa da sé, pensando così di ricevere tanto amore e tanta attenzione.
Voleva diventare assolutamente qualcuno di cui si parlasse, perché solo così si sarebbe sentita amata.
Allora comprò un bel palloncino rosso, lo gonfiò con tutta l'aria che aveva dentro, lo legò con un filo di seta bianco e si fece trasportare dal vento verso l'alto. Sempre più in alto.
Volò sopra le macchine, sopra il chiosco del giornalaio, sopra gli alberi della piazza, sopra i fili della luce, sopra i tetti, verso il cielo.
Da sotto tutti la guardavano e, indicandola con il dito, dicevano "guardate lassù, c'è una bimba che vola, appesa al suo palloncino".
Qualcun altro invece diceva "povera bambina, si è persa, se il palloncino si buca, cade e si fa male".
Infatti, di lì a poco, un uccellino si accostò a lei.
Era piccolo, piccolo, ma tanto piccolo che sembrava proprio uno scricciolo.
L'uccellino, molto incuriosito ed attratto dal colore del palloncino, si mise a volteggiargli intorno e lo toccò con il suo beccuccio. Il palloncino esplose con un soffio violento e l'uccellino, spaventato, scappò via. E la bambina cadde con un tonfo sopra i tetti delle case, in mezzo alle antenne della televisione.
Il suo bel vestito si strappò e le sue gambe e le sue braccia si lacerarono.
Qualcuno chiamò i pompieri che la portarono giù con una lunga scala e la trasportarono in ospedale. La bambina, dopo essere stata medicata, fu accompagnata a casa e, dopo ancora, fu aspramente rimproverata per quello che aveva combinato. Mogia mogia se ne tornò nella sua stanzetta, a meditare, non sulle ferite ma sul da farsi più tardi.
Non poteva sopportare l'idea che il successo potesse durare quanto il soffio di un palloncino.
Pensò che per essere importante doveva fare qualcosa di veramente strabiliante, come vedeva fare in televisione.
Allora andò nel garage di casa sua e decise di costruire un aereo di legno con il motore.
Provò, riprovò, ma ben presto capì che non ne era proprio capace. Lei non sapeva niente di meccanica, non conosceva la direzione dei venti, la meteorologia, tutte strane cose di cui, sinceramente, non le importava proprio niente e di cui non aveva mai capito niente.
All'improvviso, però, capì che poteva essere qualcuno con un semplice sorriso, un sorriso solo, anche di un attimo. Ma era certa che sarebbe stato un attimo importante, per lei e per gli altri.
Allora prese tutti i suoi pennarelli colorati e uscì di casa velocemente.
Ansimando raggiunse l'omino che vendeva i palloncini all'angolo della sua piazza.
Con tutta la frenesia che aveva dentro, cominciò a disegnare sui palloncini visi di uomini e di donne che sorridevano, con la bocca, con gli occhi, con le orecchie, con tutta la faccia.
Vennero i bambini che giocavano nella piazza e a loro volta chiamarono, a gran voce, gli altri bambini che a casa guardavano la televisione. Tutti insieme si fermarono ad ammirare, estasiati, quei visi dei grandi che sorridevano allegri, tanti e tutti insieme, per la prima volta, anche se solo disegnati sui palloncini. Decisero, allora, di restare lì, accanto alla bambina, perché lei aveva regalato loro un sogno, rivedere i sorrisi che erano spariti da tanto tempo dai visi degli adulti e che loro, i bambini, si aspettavano e si aspettano ancora da tanto tempo.
Gianna
Atelier
UNIKO Design
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