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Direzione, Redazione, Amministrazione: Via Reano, 1 bis - 10147 Torino - Tel e fax 011 3853793
Direttore Responsabile: Carla Orfano - Autorizzazione Tribunale di Torino n° 5671 del 13/02/2003

NUMERO 3 - anno 3° - Marzo 2005

PAGINA 3

  "Chi considera il proprio abito la parte migliore di sé,  
vale quanto costa il vestito"
William Hazlitt

 

Estate in campagna

L'inverno, il freddo, la domenica in casa, io che scrivo, penso alla zia che non c'è più, se n'è andata con tutto il vissuto della mia adolescenza, con i mesi estivi miei trascorsi lì dalla nonna.
Pensare a quella casa vuota mi fa un po' effetto, eppure è così, là non c'è più nessuno e la porta si è richiusa dopo che lei se n'è andata per sempre. Non c'è più nessuno di quei volti cari, di quelle figure, di quella casa sempre piena di gente, di signore che misuravano quell'unico vestito che compravano durante l'estate a che la zia confezionava con amore. 
Ricordo le richieste di alcune clienti, richieste pratiche: la signora del negozio alimentare voleva il giro manica largo perché doveva prendere i barattoli in alto sugli scaffali e lì con il vestito addosso ne mimava i movimenti. Io conoscevo a mena dito i gusti di tutte quelle signore che ad ogni estate si presentavano puntualmente per il vestito nuovo ed amavano sedersi un po' lì a chiacchierare del più e del meno. 
Intanto la zia m'insegnava a far qualcosa con l'ago: imbastire, sorgettare, rifinire un orlo. Lo facevo bene, lei diceva, ma bisognava assicurarsi che le clienti non mi vedessero al lavoro sul loro vestito. E già, andava eseguito solo dalla sarta! Come fidarsi di una ragazzina?
Mi piaceva cucire e trafficare con filo e stoffe e lì si è sviluppata la mia manualità nel fare un po' di tutto, l'arte di sapermi arrangiare. Del resto quell'aria di lavori manuali femminili la respiravo anche a casa mia: era un patrimonio di famiglia. 
La zia è diventata anziana ed ha posato le forbici da sarta e la casa si è svuotata ed a poco a poco tutto è cambiato.
Anche le clienti sono sparite ed un mondo nuovo di supervelocità ha rimpiazzato quello della vecchia sartoria.
Tutto questo tempo è stato un soffio, è parso tanto ma è stato un niente. 
Una parte della mia esistenza se n'è andata con il trascorrere di questi anni e la nostalgia mi pervade. 
Sembra sfuggirmi, esso è e non è, sembrava tanto e non è stato nulla e là al paese non c'è più nessuno se non quattro stanze che ti scaraventano nei ricordi più lontani, ripescando dalla memoria immagini, odori, stati d'animo, gioie e tristezze, caldo estivo, qualche puntura di zanzara, una corsa sotto i portici con le zoccole bianche e la zia là sull'uscio che mi aspetta e guarda l'ora. L'ora doveva essere quella precisa: l'ora del ritorno dal passeggio serale era quella che il campanile scandiva alle dieci e non un minuto in più, eppure ero contenta di star lì, non ero mai sola. 
C'erano le mie cugine più alte di me ed i loro bisbigli con amiche e fidanzati e balli e vestiti mi affascinavano ed incuriosivano. Il primo mese che ero lì no, avevo la nostalgia di casa e la ribellione verso mia madre che mi metteva sul treno e mi mandava in campagna. Poi, quando mi ero abituata all'idea e la mia delusione si attenuava, ero contenta e prendevo gusto alla vacanza.
In quegli anni ci si accontentava di poco, di quel poco che si poteva avere.
Un'insalata di pomodori per merenda e pasta e fagioli a pranzo, qualche volta polpette e patate ed un vestito nuovo senza dover pagare la fattura. Già avevo questo vantaggio,potevo avere un vestito comprando solo un po' di stoffa al mercato, il che non era poco e per il giorno della festa patronale eravamo tutte in tiro e con la zia seguivo le mie cugine al ballo.
"Guarda un po' con chi parla o con chi balla" mi diceva la zia."Quello và bene, quello no" e poi via tutte quante a casa e per la strada qualche commento sulla serata. 
La vedo la Pinuccia, con il suo vestito di rasatello bianco con le rose stampate ed il Beppe che la fa ballare e la chiamano per aver indossato il vestito più bello della serata! La zia è raggiante ed io nel trambusto m'inciampo in un tombino e mi faccio male al naso e per fortuna non rompo gli occhiali! La zia mi porta a casa in braccio tanto stavo male, anche se a farmi danni a gambe e ginocchia ero avvezza con quella bici da adulti che usavo sempre quando gli altri me la lasciavano là, appoggiata al muro della bottega da maniscalco dello zio Caime. 
Sento l'odore dei cavalli, dell'unghia dello zoccolo, sento nel petto la mia paura a passarci vicino, l'odore del ferro, il colpo del martello sull'incudine, la morbidezza delle piume delle galline, il caldo dell'uovo che andavo a prendere nel nido.
Affetti e memorie di una vita che i sensi mi hanno scaraventato dentro e la commozione oggi mi fa rivivere.
Baci a tutti che vivete dentro di me nel profondo del mio cuore!

L. A.

 

 

Il mio bisogno

Che strano, io penso sempre alla giustezza del mio bisogno e non accetto assolutamente il pensiero che io sono il bisogno di un altro. 
L'altro esiste per il mio bisogno, solo il mio bisogno è importante, solo il mio bisogno è vitale, ma non accetto neanche il pensiero che io sia il bisogno di un altro essere umano.

G. C.

 

 

Legato al mio dolore
Non ci avevo mai pensato!

Già! Legarsi al dolore per bisogno, per non restare solo! 
Non ci avevo mai pensato.
Ma guarda cosa mi va a tirar fuori...... Grande! 
E così nasce un nuovo indirizzo della medicina: laurea in animacologia.
Dottore, sei forte! 
Giovedì sei riuscito a stupirmi e farmi intravedere l'universo in cui ti muovi e l'arretratezza ottusa a cui sono inchiodato. 
Ci ho riflettuto: la mia resistenza era proprio per non voler abbandonare il mio dolore. Paura di non dover più soffrire.
Paura di sganciarmi da quel pensiero che mi ha quasi sempre logorato e che piuttosto di lasciare ero e sono disposto a non vivere.
Non so di quanti gradi saprò cambiare rotta, forse non ci riuscirò neppure perché vincere un bisogno è impresa titanica ma sapere che sono un kamikaze imbottito di tritolo forse sarà sufficiente a farmi riprendere quota prima che mi sfracelli contro un'illusione.
Sono un miserabile! 
Elemosinare un forse, un sì; vivere per un non so, vivere per un può darsi,... 
Ho pietà di me! 
Mi abbraccio fortemente per la fede, per la ricerca, per la caparbietà, per aver cercato di superare un bisogno cercando di viverlo a tutti i costi.
Che in me nasca la forza e la consapevolezza di vivere senza sofferenze!
Senza illusioni!

Piero Cavallo

 

 

La dignità

Quando sei fuori nel bisogno di attenzione la dignità sparisce, ti prostituisci al cieco bisogno e non sei più tu, no non sai chi sei, hai solo sete, tanta, da bere anche l'acqua del pozzo inquinata.
Quando ritorni in te e ritiri un po' le aspettative e vedi l'acqua torbida nel secchio là in fondo al pozzo, sai che non è da bere e lasci il secchio giù e cerchi un'altra fonte, che disseti senza far male.
La gola non è più così arsa, anche se non hai bevuto. Le paure si attenuano e hai un po' di pace.

Torino 16 gennaio 2005

L. A.

 

A gennaio ho potato le mie rose
Imparare a tagliare i rami secchi... e tutto fiorisce

A gennaio ho potato le mie rose con la luna nascente, come mi hanno insegnato tanti anni fa. 
Sperimentato, funziona benissimo. Le rose vengono più belle e più robuste.
Ora mi guardo i teneri germogli che spuntano dai tronchi e dai rami. 
È bellissimo vedere questi teneri germogli che spuntano, nonostante il freddo di questo inverno.
Ecco, sono anni che faccio questa potatura, sono anni che mi godo la ricrescita delle mie rose, sono anni che ammiro le rose quando sbocciano e godo della loro bellezza ad ogni fioritura. Sono anni che si ripete questo miracolo, sono anni che ho queste emozioni. 
Vorrei poter fare altrettanto con i miei bisogni, con le mie aspettative, vorrei potarli, toglierli da me, per sempre, per farmi vivere la crescita di me, della mia vita, per far fiorire tutta la mia gioia, la mia tenerezza, la mia dolcezza che tengo dentro soffocata, oppressa dalle manifestazioni di me solo attraverso i miei bisogni, le mie aspettative, le mie pigrizie di me stessa verso me stessa.
So che sarebbe giusto farlo, eppure vedo quanta fatica faccio già solo a vedere queste cose e quanta poca volontà ed impegno ci metto a staccarle da me.
Staccare, potare tutto quello che mi disturba, tutti i miei pensieri, le mie abitudini, il mio ripetere sempre le stesse cose, i miei attaccamenti, il mio bisogno di usare gli altri, il mio aspettare dagli altri, tutto quello che mi da poi solo sofferenza, tutto quello mi fa solo poi vivere male, tutto quello che acceca gli occhi del mio cuore, tutto quello che toglie respiro al mio cuore, che non lo fa parlare senza metterci sempre un pensiero davanti, il pensiero di avere e pretendere dall'altro quello che io non mi do e che l'altro non mi potrà mai dare perché ha esattamente il mio stesso silenzio ed il mio stesso bisogno. 
Lo so, eppure sono ancora lì.

Gianna

 

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